In fase di convalida dell’arresto o del fermo, il vaglio cui è tenuto il giudice attiene soltanto alla verifica del ragionevole e legittimo uso dei poteri discrezionali della polizia giudiziaria e quindi alla sussistenza, con valutazione ex ante, di quelle condizioni che legittimavano la privazione della libertà personale; per confutare il giudizio della Polizia Giudiziaria non basta il richiamo a mere formule di stile.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 23 novembre 2017 – 11 gennaio 2018, n. 850
Presidente Romis – Relatore Ranaldi
Ritenuto in fatto
1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ravenna ricorre avverso l’ordinanza resa il 9.3.2017 dal Tribunale di Ravenna, con la quale non è stato convalidato l’arresto facoltativo in flagranza eseguito dalla polizia giudiziaria nei confronti di M.L.M. in relazione al reato di furto di energia elettrica aggravato dal mezzo fraudolento ex artt. 624, 625 n. 2 cod. pen..
2. Il ricorrente deduce violazione di legge, sotto il profilo della motivazione apparente del provvedimento impugnato, avendo il giudice omesso di effettuare un controllo effettivo sulla legittimità dell’operato della polizia giudiziaria che aveva effettuato l’arresto, in forza degli elementi desumibili al momento della esecuzione della misura precautelare.
3. Il Procuratore Generale, nella sua requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
2. Occorre considerare che, in fase di convalida dell’arresto o del fermo, il vaglio cui è tenuto il giudice attiene soltanto alla verifica del ragionevole e legittimo uso dei poteri discrezionali della polizia giudiziaria e quindi alla sussistenza, con valutazione ex ante, di quelle condizioni che legittimavano la privazione della libertà personale.
Nell’operare tale controllo, il giudice della convalida deve verificare se la polizia giudiziaria, in una situazione indifferibile ed urgente, si sia legittimamente o meno sostituita all’autorità giudiziaria nel comprimere il diritto di libertà personale del cittadino e, per fare ciò, il giudice deve porsi, trattandosi di una verifica che attiene al passato, nella medesima situazione nella quale la polizia giudiziaria ha operato, verificando dal verbale di arresto (o di fermo), che certifica e cristallizza la situazione di fatto e giuridica che ha indotto la polizia giudiziaria ad eseguire la misura precautelare, la sussistenza o meno dei requisiti richiesti dalla legge per imporre al cittadino, in via provvisoria ed in attesa dell’intervento del giudice, un sacrificio della libertà personale (Sez. 3, n. 35304 del 11/05/2016, P.M. in proc. Cobuccio, Rv. 26799901).
In sostanza, il giudice della convalida deve operare un controllo di mera ragionevolezza, ponendosi nella stessa situazione di chi ha operato l’arresto, per verificare, sulla base degli elementi al momento conosciuti, se la valutazione di procedere all’arresto rimanga nei limiti della discrezionalità della polizia giudiziaria e trovi quindi ragionevole motivo nella gravità del fatto ovvero nella pericolosità del soggetto, senza estendere il predetto controllo alla verifica dei presupposti per l’affermazione di responsabilità (cfr., ex pluribus, Sez. 5, n. 1814 del 26/10/2015 - dep. 2016, P.M. in proc. Koraj, Rv. 26588501).
È evidente che tale verifica presuppone che il giudice, nel suo provvedimento, dia adeguata motivazione delle ragioni per cui abbia ritenuto di condividere o meno le valutazioni poste a sostegno dell’arresto da parte della polizia giudiziaria, con riguardo a tutti i requisiti richiesti dalla legge ai fini della delibazione di legittimità della disposta misura precautelare.
3. Ebbene, la motivazione dell’ordinanza impugnata, con la quale è stata esclusa la ricorrenza delle condizioni previste dall’art. 381, comma 4, cod. proc. pen. per legittimare l’arresto facoltativo in flagranza in disamina, in relazione alla sussistenza dei requisiti di cui alla gravità del fatto e/o alla pericolosità del soggetto, si palesa come apparente, in quanto meramente assertiva delle ragioni di insussistenza di tali requisiti rispetto alle specifiche ragioni offerte dalla polizia giudiziaria, che nel provvedimento del giudice vengono confutate in maniera generica ed apodittica.
Infatti, sotto il profilo oggettivo, il giudice si limita a valutare come "modesto" il furto di energia elettrica in oggetto, senza alcun specifico riferimento alle contrapposte ragioni indicate nel verbale di arresto (circa la gravità del pregiudizio economico sostenuto dalla anziana persona offesa, titolare di pensione di circa Euro 1.000 mensili, oltre che del pregiudizio morale per il turbamento provocato da spese che non riusciva a comprendere); dal punto di vista della pericolosità del soggetto, il giudicante la esclude sulla sola base della formale incensuratezza, senza considerare i precedenti giudiziari indicati dagli inquirenti, né soprattutto il fatto - specificato nel verbale di p.g. - che l’arrestato era destinatario di avviso orale del Questore di Ravenna, i cui presupposti normativi di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 159/2011 costituiscono indubbio indice di pericolosità.
In definitiva, nel caso di specie il giudice di merito ha affidato la motivazione in ordine alla non convalida dell’arresto (per mancanza dei requisiti sopra indicati) a mere formule di stile, apodittiche e prive di specificità in relazione alle contrapposte ragioni che erano state offerte in maniera specifica dalla polizia giudiziaria nel verbale di arresto, in alcun modo considerate né confutate dal giudice.
4. É dunque viziato in diritto il giudizio del GIP, in quanto affidato a motivazione apparente, e quindi insussistente, in violazione del disposto di cui all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen.; pertanto l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio, poiché un eventuale rinvio determinerebbe lo svolgimento di un nuovo giudizio relativo ad una fase processuale ormai esauritasi, dovendo ritenersi la legittimità dell’operato della polizia giudiziaria alla luce delle risultanze evidenziate dal PM, e quindi essendo già stata riconosciuta dalla Corte di cassazione la legittimità dell’operato della polizia giudiziaria (Sez. 6, n. 12291 del 01/03/2016, P.M. in proc. Tapia Diaz, Rv. 26686801).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata perché l’arresto è stato legittimamente eseguito.