Nel danno all’immagine ed alla reputazione la valutazione di lesività diffamatoria deve essere formulata in maniera specifica rispetto ad una notizia associata a delle immagini da valutarsi nel loro complesso anziché in maniera parcellizzata: il danno non può però essere in re ipsa, identificandosi tale tipologia di danno non con la semplice lesione in sé dell’interesse tutelato dall’ordinamento, ma con le conseguenze derivanti da tale lesione, sicché la sua esistenza nel caso concreto deve essere allegata e provata dalla parte che ne chiede il risarcimento, anche attraverso il ricorso a presunzioni gravi precise e concordanti, assumendo rilevanza a tale fine, quali parametri di riferimento, la diffusione e la rilevanza dell’offesa e finanche la stessa posizione sociale della vittima.
Esprimere giudizi critici sull’operato altrui è un diritto fondamentale della persona, al pari del diritto all’onore, ed allorché tali diritti vengano in conflitto, per principio generale è il diritto all’onore ad essere recessivo rispetto al diritto di critica, e non viceversa, poiché è noto come qualunque critica, per il solo fatto di essere tale, nuoce alla reputazione della persona criticata: impedire l’esercizio del diritto di critica soltanto perché potenzialmente lesivo della reputazione altrui significherebbe porre di fatto un limite alla libera manifestazione del pensiero.
Tribunale di Monza
2^ Sezione civile
sentenza dd. 01/02/2023, n. 231
dott. Nicola GRECO ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa N. 4184/2020 R.G.
promossa da
S.L.V. (C.F.: (...)), con l'Avv.to FC, **
- parte attrice -
contro
S.G.(C.F.:(...)),con il proc.dom.Avv.to FS, **
- parte convenuta -
OGGETTO: risarcimento danni.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con atto di citazione 5.4.2020, iscritto a ruolo l'11.6.2020, il sig. S.L.V. ha convenuto in giudizio il sig. S.G., esponendo - in via di sintesi e per quanto di stretto interesse ai fini della decisione - di ricoprire la carica di amministratore di diversi stabili condominiali, tra cui quello sito in C. M., Via M., n. 17; di aver il convenuto - condomino dello stabile da ultimo menzionato - assunto da tempo un comportamento ostile, persecutorio ed ingiurioso nei confronti dell'attore medesimo; di aver il convenuto offeso l'attore medesimo in occasione dell'assemblea condominiale tenutasi in data 18.12.2019, con conseguente necessità di interrompere l'adunanza senza che vi potesse essere votazione dei punti posti all'o.d.g.; di aver, inoltre, il convenuto posto in discussione l'operato dell'attore medesimo (quale amministratore del condominio) con missiva datata 6.3.2020 recapitata a tutti i condomini.
Tanto esposto, la difesa attorea - prospettata la commissione da parte del convenuto dei reati di calunnia e diffamazione aggravata ai danni del sig. S.L.V. - ha lamentato danno di immagine, lesione della reputazione, nonché compromissione dell'onere e del decoro dell'attore, con conseguente richiesta di condanna della controparte al risarcimento di tali pregiudizi per la somma di Euro 20.000,00 e, comunque, in quella da liquidarsi in via equitativa; con vittoria di spese di lite.
Si è costituito in giudizio il convenuto, che ha contestato la fondatezza, in fatto ed in diritto, dell'azione promossa da controparte, concludendo per il rigetto di essa; vinte le spese di lite.
Concessi alle parti i termini per depositare le memorie ex art.183, comma 6, c.p.c. (cfr. Provv. del 23 marzo 2021); superflua ogni attività istruttoria (cfr. ordinanza riservata del 22.2.2022); precisate le conclusioni dalle difese con fogli depositati a PCT (cfr. provvedimento fuori udienza del 6.10.2022); la causa è passata in decisione, assegnati alle parti i termini per depositare le comparse conclusionali (12.12.2022) e le memorie di replica (2.1.2023).
Si premette che:
i) difese, eccezioni ed argomentazioni delle parti saranno esaminate per quanto strettamente necessario nella prospettiva della motivazione di questa sentenza, applicato il principio "della ragione più liquida" (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 11458 dell'11.5.2018);
ii) le circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione sono esclusivamente quelle allegate entro il termine fissato dalla legge processuale per la maturazione in capo alle parti delle preclusioni assertive aventi ad oggetto gli elementi costitutivi delle pretese azionate in causa (vale a dire, entro il termine previsto per il deposito della memoria ex art. 183, comma 6, n.1, c.p.c.), inammissibili - perché tardive - deduzioni successive al termine de quo (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7270 del 18.3.2008); senza che neppure rilevi il fatto che le circostanze non specificatamente allegate siano, in tesi, evincibili dai documenti già prodotti (quanto al rapporto tra deduzione e produzione documentale, cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7115 del 21.3.2013).
Per le ragioni che di seguito esposte la domanda di risarcimento danni azionata da parte attrice non può essere accolta.
La difesa attorea ha affermato che pregiudizi della tipologia di quelli lamentati in citazione, una volta provata la condotta illecita imputata alla controparte, determinano necessariamente l'attribuzione di una somma di denaro a titolo risarcitorio, versandosi in ipotesi di danno "in re ipsa" (cfr. pag. 4 dello scritto introduttivo e pag. 5 della comparsa conclusionale), vale a dire di quello che sorge per il solo verificarsi dei suoi presupposti senza che occorra alcuna allegazione o dimostrazione (al riguardo, cfr. Cass., Sez. 3, Sent. n. 25541 del 30.8.2022).
In effetti, in sintonia con l'approccio metodologico del danno "in re ipsa", nell'atto di citazione non è stato indicato alcun elemento idoneo a fornire dimostrazione (neppure in via presuntiva) della concreta integrazione in capo all'attore di un pregiudizio all'immagine, al decoro ed alla reputazione; anzi, quanto dedotto circa l'atteggiamento tenuto dagli altri condomini nel corso dell'assemblea del 18.12.2019 depone nel senso che le offese che l'attore ha riferito essergli state rivolte dal convenuto non hanno fatto presa su coloro che sono intervenuti all'assemblea de qua (né sul resto della compagine condominiale) e neppure alcun seguito risulta aver avuto la missiva del 6.3.2020.
Anche l'attività politica dell'attore non emerge aver patito i contraccolpi paventati nello scritto introduttivo: infatti, il sig. L.V. è stato chiamato a ricoprire la carica di assessore alla sicurezza del Comune di Cologno Monzese e, proprio in ragione dell'aumentato peso degli impegni politici, ha volontariamente dismesso il ruolo di amministratore dello stabile condominiale (cfr. verbale assemblea del 7.10.2021, prodotto sub doc. n. 7 del fascicolo convenuto, produzione ammissibile trattandosi di documento venuto ad esistenza in data successiva allo spirare dei termini ex art. 183, comma 6, c.p.c.).
Né parte attrice ha effettuato allegazioni con la memoria ex art. 183, comma 6, n. 1), c.p.c. (che non è stata depositata).
Assente qualsiasi elemento che attesti l'integrazione in capo al sig. L.V. di danni all'onore, alla reputazione, al decoro ed all'immagine, la domanda risarcitoria non può essere accolta.
Infatti, come chiarito dall'indirizzo della giurisprudenza di legittimità (condiviso dallo scrivente e qui richiamato anche ai sensi e per gli effetti dell'art. 118, comma 1, disp. att. c.p.c.) "il danno all'immagine ed alla reputazione (nella specie, per un articolo asseritamente diffamatorio), inteso come "danno conseguenza", non sussiste "in re ipsa",dovendo essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento. Pertanto, la sua liquidazione deve essere compiuta dal giudice, con accertamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità, sulla base non di valutazioni astratte, bensì del concreto pregiudizio presumibilmente patito dalla vittima, per come da questa dedotto e dimostrato, anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, che siano fondate, però, su elementi indiziari diversi dal fatto in sé, ed assumendo quali parametri di riferimento la diffusione dello scritto, la rilevanza dell'offesa e la posizione sociale della vittima" (cfr. Cass., Sez. 3, Ord. n. 4005 del 18.2.2020; cfr., nello stesso senso, Cass., Sez. 6 - 3, Ord. n. 8861 del 31.3.2021; Cass., Sez. 3, Ord. n. 31537 del 6.12.2018 e Cass., Sez. 6 - 3, Ord. n. 7594 del 28.3.2018; cfr., altresì, Cass., Sez. 2, Ord. n. 28742 del 9.11.2018, che, pur se relativa alla categoria del "danno esistenziale", ribadisce l'inesistenza del danno "in re ipsa" nell'ambito dei pregiudizi non patrimoniali).
Né la circostanza che - in tesi - sia stato leso un diritto inviolabile della persona permette di ottenere il risarcimento assente specifica allegazione del pregiudizio e ciò pure in relazione alla categoria del "danno morale" (cfr. Cass., Sez. 6 - L, Ord. n. 29206 del 12.11.2019 e Cass., Sez. 3, Sent. n. 11269 del 10.5.2018).
Quanto alla disciplina delle spese di lite, visti i profili di peculiarità del caso di specie e gli indirizzi interpretativi non sempre univoci (anche nella giurisprudenza di legittimità) circa le condizioni per ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali in ipotesi di (riferita) lesione di diritti della personalità, ad avviso del giudicante, nel caso di specie ricorrono i presupposti ex art. 92, c. 2, c.p.c. - valutati anche alla luce della Sent. della Corte Cost. n. 77/2018 - per discostarsi dal principio della soccombenza e dichiarare tali spese integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
respinta e/o assorbita ogni altra istanza, difesa ed eccezione delle parti,
- rigetta la domanda risarcitoria azionate dall'attore nei confronti del convenuto;
- dichiara le spese di lite integralmente compensate tra le parti.
Conclusione
Così deciso in Monza, il 31 gennaio 2023.
Depositata in Cancelleria il 1 febbraio 2023.