Il diritto di rettifica in RAI presenta margini meno ampi rispetto all’istituto generale di cui alla legge stampa: nell’art. 8 l.47/48 si legge infatti che il diritto sorge nei confronti di chi si ritenga leso dalla pubblicazione, ovvero ritenga contraria a verità la notizia, mentre nel caso della trasmissione radiotelevisiva al contrario, la fondatezza della richiesta di rettifica è legata normativamente alla falsità oggettiva della notizia da rettificare, mentre l’apprezzamento soggettivo è ristretto alla misura della lesione dell’identità personale o collettiva che da tale diffusione discende.
La diffusione di una notizia errata che incide sul tessuto identitario di una collettività, concreti un pregiudizio difficilmente riparabile se non rapidamente rettificata, tanto più se trasmessa nel contesto comunicativo di una trasmissione di evasione, il cui ascolto non richiede l’esercizio di particolari facoltà critiche, e che si prospetta tuttavia come canale di diffusione delle più svariate informazioni, proposte al pubblico come veritiere e tratte da fonte autorevole, e come tali atte ad influenzare il convincimento di una parte significativa del sentire comune.
Dare per assodato che la città di Gerusalemme sia la capitale dello Stato di Israele - come avvenuto nel corso di un telequiz del 21 maggio 2020 - concreta la diffusione di una informazione errata.
NB: il provvedimento è stato riformato su reclamo con provvedimento del 25 settembre 2020 dal tribunale di Roma.
Tribunale di Roma
SEZIONE DIRITTI DELLA PERSONA E IMMIGRAZIONE
05/08/2020 RG n. 31253/2020
r.g. 31253 /2020 Il tribunale, in persona del giudice designato per il procedimento cautelare, emette la seguente
ORDINANZA
L’Associazione benefica di solidarietà con il popolo Palestinese e l’Associazione Palestinesi in Italia, si sono rivolte al Tribunale di Roma perché ordini alla RAI di rettificare nei modi opportuni l’affermazione secondo cui Gerusalemme sarebbe la capitale di Israele, propalata in datata 21 maggio 2020 durante un programma di intrattenimento a quiz in onda nella fascia preserale sulla prima rete televisiva.
E’ accaduto infatti che una concorrente del quiz, alla domanda del conduttore che le chiedeva quale fosse la capitale di Israele, abbia risposto “TEL AVIV”, che la risposta sia stata classificata come errata, e che sia stata indicata in trasmissione come risposta corretta “GERUSALEMME”.
Alle numerose reazioni seguite all’episodio, tra le altre ad opera dell’ambasciata dello Stato di Palestina, ha fatto seguito un comunicato diramato dall’aziende per bocca del conduttore, durante la trasmissione del 5 giugno del medesimo programma, testualmente così formulato: “Prima di cominciare la puntata, desidero fare a nome della Rai e a nome di tutti noi del programma, desidero fare una precisazione: con migliaia di domande che prepariamo per ogni edizione de L’Eredità, ci si può ritrovare involontariamente al centro di una controversia che chiama in causa vicende sulle quali non spetta certo ad un gioco come il nostro intervenire. È successo il 21 maggio scorso, il quiz prevedeva la seguente domanda: qual è la capitale di Israele, il concorrente ha risposto Tel Aviv, la nostra schermata con le risposte, Gerusalemme. Sulla questione però esistono posizioni diverse. Alla luce di ciò riteniamo di non dover entrare, noi che non ne abbiamo titolo, in una disputa così delicata, e ci scusiamo per averla involontariamente evocata. E per questo, ai fini del gioco, consideriamo nulla questa domanda. Grazie. Ci tenevamo davvero a fare questa precisazione”.
Le associazioni ricorrenti non considerano sufficiente tale precisazione, e chiedono che la RAI intervenga nuovamente sulla questione, al fine di chiarire in particolare che la comunità internazionale non riconosce Gerusalemme quale capitale dello stato di Israele e che sotto questo profilo la questione non presenta i margini di incertezza e opinabilità che traspaiono dal comunicato, il quale, apparentemente neutrale, rappresenterebbe perciò una presa di posizione politicamente sbilanciata in favore dello Stato di Israele ed indirettamente lesiva delle aspettative del popolo palestinese.
La difesa dell’emittente televisiva nazionale così replica ai contenuti del ricorso:
a) Le conclusioni del ricorso esulano dal perimetro entro il quale può esercitarsi il diritto di rettifica in ambito radiotelevisivo, avendo ad oggetto la richiesta di diffusione del punto di vista delle associazioni ricorrenti e non di una verità oggettiva, e ciò in quanto la questione dello status di Gerusalemme è effettivamente oggetto di contrastanti interpretazioni e posizioni in ambito internazionale.
b) Difetta il requisito del pericolo nel ritardo, tanto più in quanto le parti ricorrenti hanno scelto di non avvalersi della tutela immediata del ricorso all’Autorità Garante delle Comunicazioni, come previsto dal TU radiotelevisione;
c) La domanda cautelare non risulta funzionalmente collegata ad un successivo giudizio di merito;
d) Le richieste di cui ai punti 1 e 2 delle conclusioni (accertare la scorrettezza delle affermazioni del conduttore, e la correttezza della risposta originariamente fornita dalla concorrente del quiz) concretano domande di mero accertamento non ammissibili nell’ambito di un giudizio cautelare, mentre la richiesta di cui al punto 3 (condannarsi l’esponente alla rettifica mediante ordine di lettura dell’emanando provvedimento cautelare nel corso della trasmissione l’Eredità, o con altre modalità idonee ad riparare il danno arrecato alla corretta informazione) è eccessivamente generica ed indeterminata. La richiesta risarcitoria risulta poi del tutto inammissibile nel contesto di un provvedimento cautelare.
Nel corso dell’udienza del 27 luglio 2020, i difensori delle parti ricorrenti hanno reso precisazioni in merito al petitum, in particolare chiarendo che la domanda risarcitoria inserita nel ricorso deve intendersi riferita all’eventuale giudizio di merito, e che la domanda dichiarativa di cui ai punti 1 e 2 deve intendersi proposta solo a fini incidentali; hanno poi meglio delineato l’ambito della rettifica nei termini che seguono: “...che la RAI evidenzi secondo modalità opportune e paritarie che il diritto internazionale non riconosce Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele”.
Così ricostruito in sintesi il quadro fattuale, il giudice della cautela osserva quanto segue.
1. In via preliminare va affermato che le precisazioni (o meglio le restrizioni) del petitum operate nel contraddittorio in udienza sono da ritenere ammissibili: come già affermato in giurisprudenza (v. Tribunale Napoli, ordinanza 26.6.2009), così come nel giudizio ordinario è consentito all'attore precisare o modificare domande, eccezioni e conclusioni anche nel procedimento cautelare può ravvisarsi - implicitamente - una fase di trattazione, destinata alla messa a fuoco del thema decidendum; e tanto più in mancanza di un sistema di preclusioni analogo a quello del giudizio di merito, risulterebbe incongruo impedire al ricorrente di modificare la propria domanda a fronte delle difese del resistente, costringendolo, eventualmente, alla riproposizione di una nuova domanda cautelare, in violazione, tra l'altro, del canone costituzionale della ragionevole durata del processo (così testualmente l’ordinanza citata).
2. Va esaminato poi -sempre in via preliminare- il tema della legittimazione degli enti ricorrenti; ebbene, emerge dall’esame dei contenuti statutari prodotti in giudizio, che entrambe le associazioni hanno tra i loro scopi quello di diffondere una corretta informazione dell’opinione pubblica italiana in merito alla questione palestinese; esse possono dirsi pertanto portatrici di un interesse proprio alla rettifica di eventuali informazioni non corrette relative a temi di rilevanza cruciale per il popolo palestinese; le stesse perseguono infatti, in modo diretto e certamente non occasionale, interessi fondamentali riferibili ad una collettività non indistinta, ma identificabile, e sono per ciò legittimate ad agire per la tutela di detti interessi. La questione viene qui affrontata per completezza, trattandosi di tema suscettibile di rilievo d’ufficio, ma non è oggetto di contestazione da parte della società resistente.
3. Afferma l’art. 32 quinquies del TU Radiotelevisione (d.lvo 177/05): ....Chiunque si ritenga leso nei suoi interessi morali, quali in particolare l'onore e la reputazione, o materiali, da trasmissioni contrarie a verità, ha diritto di chiedere al fornitore di servizi di media audiovisivi lineari, inclusa la concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, all'emittente radiofonica ovvero alle persone da loro delegate al controllo della trasmissione, che sia trasmessa apposita rettifica, purché' questa ultima non abbia contenuto che possa dar luogo a responsabilità penali.
La difesa della RAI, correttamente, ricorda come la disposizione in esame presenti margini assai meno ampi rispetto all’istituto corrispondente disegnato dall’art. 8 della legge n.47/48 per le notizie diffuse con la stampa o strumenti ad essa equiparati; nel caso della radiotelevisione, viene infatti maggiormente valorizzato il significato immediato del termine rettifica quale: nell’art. 8 l.47/48 si legge infatti che il diritto sorge nei confronti di chi si ritenga leso dalla pubblicazione, ovvero ritenga contraria a verità la notizia; nel caso della trasmissione radiotelevisiva al contrario, la fondatezza della richiesta di rettifica è legata normativamente alla falsità oggettiva della notizia da rettificare, mentre l’apprezzamento soggettivo è ristretto alla misura della lesione dell’identità personale o collettiva che da tale diffusione discende.
Conseguenza di tali riflessioni è in primo luogo la necessità di esaminare per quanto possibile la oggettiva consistenza dell’informazione resa dalla RAI attraverso la trasmissione del 21 maggio ed il comunicato del 5 giugno 2020.
Nella prima occasione il riferimento a Gerusalemme quale capitale dello stato di Israele viene dato per certo ed indiscutibile dal conduttore, e ripetuto dal concorrente per quattro volte (in ragione della peculiare dinamica del gioco, che comporta in caso di errore la ripetizione di tutte le precedenti domande e risposte). Nella seconda trasmissione il conduttore tornando sull’episodio afferma che sulla questione esistono visioni diverse, che il tema è delicato e che l’emittente e gli autori non intendono prendere posizione alcuna.
In relazione a tale sequenza, i ricorrenti chiedono invece che venga evidenziato che il diritto internazionale non riconosce Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele, o in altre parole, che la questione dello Status di Gerusalemme non è -almeno sotto questo aspetto- così controvertibile come suggerito dalla trasmissione.
La domanda – così come precisata nel corso del procedimento – si inquadra quindi senza dubbio alcuno nel paradigma della rettifica, posto che è volta a contrastare sul piano oggettivo una affermazione ritenuta non corretta.
4. Occorre allora esaminare in termini quanto più possibile oggettivi il nodo centrale della questione, che alla luce della riformulazione della domanda, non si identifica certo con una presa di posizione politica in merito al diritto degli stati di Israele e Palestina di eleggere la città di Gerusalemme a propria capitale: l’indagine si appunta invece esclusivamente sulla correttezza dell’informazione resa nel suo complesso dalla RAI. correzione o emenda da errori: l’art. 32 in primo luogo pone la contrarietà al vero della notizia come un requisito non alternativo, ma necessario per il sorgere del diritto; inoltre, non consente all’interessato quell’ampio margine soggettivo di valutazione cui fa riferimento la legge sulla stampa .
A sostegno della strategia assunta dall’emittente, la difesa esibisce i contenuti di alcune pubblicazioni di carattere divulgativo (enciclopedia Treccani, enciclopedia Britannica, Wikipedia) nelle quali Gerusalemme viene indicata come capitale di Israele, con la precisazione che si tratta di questione oggetto di contrasto. Analoga informazione sembra ricavarsi dal sito del Ministero degli Esteri che nel fornire informazioni generali sul paese alla voce Capitale reca la dicitura: “Gerusalemme (contesa)”.
E’ tuttavia proprio il sito del MAE a delineare con maggiore precisione i contorni della vicenda sul piano del diritto internazionale, giacché, a seguire, si legge: “Dunque, al di là delle posizioni assunte dai governanti di altri paesi, è lo Stato Italiano a non riconoscere Gerusalemme quale capitale di Israele, come dimostra del resto la circostanza che la sua ambasciata (così come quelle della maggioranza degli stati, in conseguenza della risoluzione 478/1980 ONU) si trovi a Tel Aviv. E’ del resto fatto notorio che il 21 dicembre 2017 l’Italia abbia votato a favore della risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite che rifiutava la decisione degli Usa di riconoscere Gerusalemme come capitale d'Israele, così come è noto che le stesse Nazioni Unite si siano ripetutamente espresse sulla questione (la vicenda è ripercorsa nei suoi passaggi essenziali dai ricorrenti stessi) condannando l’occupazione israeliana dei territori palestinesi e di Gerusalemme est, e negando qualsiasi validità giuridica alle decisioni di Israele di trasformarla nella sua capitale (v. risoluzione 476/1980 ONU). Le risoluzioni ONU, tanto più ove espresse con il voto favorevole dello Stato Italiano, costituiscono peraltro diritto convenzionale direttamente applicabile nel nostro ordinamento in forza degli art. 10 e 117 della Costituzione, oltre che essere considerate più in generale vere e proprie fonti del diritto internazionale."
Dunque dare per assodato che la città di Gerusalemme sia la capitale dello Stato di Israele - come avvenuto nel corso del telequiz del 21 maggio 2020 - concreta la diffusione di una informazione errata; per contro la successiva presentazione della questione come oggetto di pura e semplice “disputa”, senza tener conto della posizione politica assunta dallo Stato Italiano e dalla maggioranza degli stati del pianeta (oggetto poi di una risoluzione internazionale alla quale lo Stato Italiano è tenuto a conformarsi), non integra una efficace rettifica da parte dell’emittente, poiché non restituisce l’informazione (corretta) che la questione, è sì obiettivamente controversa fra gli stati direttamente coinvolti, ma è altresì -allo stato- oggetto di una netta presa di posizione del diritto internazionale, quanto meno sotto il profilo meramente negativo, nel senso cioè che non può essere affermato sul piano internazionale che Gerusalemme sia la capitale di Israele.
5. Le parti ricorrenti hanno un interesse diretto a richiedere che la notizia sia efficacemente rettificata, dal momento che la questione dello status di Gerusalemme costituisce un passaggio cruciale, irrisolto e dolente nella storia del popolo palestinese (così come del resto per la nazione di Israele, portatrice di istanza specularmente opposta), nel che si sostanzia un esigenza che sia diffusa una corretta informazione sul punto, che assume rilievo per il diritto perché consustanziale alla stessa identità del soggetto collettivo rappresentato.
Lo Stato di Israele ha stabilito che Gerusalemme è la propria capitale. La decisione non è riconosciuta dall'Italia che, come la maggior parte dei Paesi, ha la propria Ambasciata in Tel Aviv”.
La conclusione dei passaggi che precedono è dunque quella che sussiste il fumus boni juris del diritto fatto valere in questa sede.
6. Quanto al tema del pericolo nel ritardo, ovvero l’impossibilità di ottenere un integrale ripristino della situazione esistente nel tempo necessario per far valere il diritto in via ordinaria, si osserva che- contrariamente a quanto asserito dalla difesa della RAI- la circostanza che le parti ricorrenti abbiano optato per il ricorso alla via giudiziale anziché rivolgersi all’autorità per le comunicazioni, non può essere considerata indice di una minore urgenza; si tratta di una facoltà che il legislatore espressamente rimette alla valutazione dei singoli interessati, senza vincolarla in alcun modo alla maggiore o minore urgenza della rettifica.
Per il resto, si può affermare che la diffusione di una notizia errata che incide sul tessuto identitario di una collettività, concreti un pregiudizio difficilmente riparabile se non rapidamente rettificata, tanto più se trasmessa nel contesto comunicativo di una trasmissione di evasione, il cui ascolto non richiede l’esercizio di particolari facoltà critiche, e che si prospetta tuttavia come canale di diffusione delle più svariate informazioni, proposte al pubblico come veritiere e tratte da fonte autorevole, e come tali atte ad influenzare il convincimento di una parte significativa del sentire comune. Rispetto a questo esito, il fattore tempo appare dunque cruciale al fine di evitare una relativa stabilizzazione della notizia erroneamente diffusa.
7. Le ulteriori eccezioni sollevate dalla parte resistente sono in parte superate dai chiarimenti resi dalla parte ricorrente in udienza. In particolare si osserva che è stata abbandonata la pretesa di vedere affermato in questa sede quale fosse la risposta corretta che la concorrente avrebbe dovuto rendere nel corso del quiz, dichiarazione che certamente esula dall’ambito di un giudizio cautelare; è stato inoltre chiarito che l’accenno alla domanda risarcitoria, pure contenuto nelle conclusioni, è da intendersi formulato con riguardo ad un eventuale futuro giudizio di merito; anche la eccessiva genericità del contenuto della rettifica proposta dai ricorrenti risulta emendata in udienza, ove la richiesta è stata limitata all’affermazione che il diritto internazionale non riconosce Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele. Del resto, appare condivisibile quanto sottolineato in proposito dalla difesa della RAI: la rettifica in ambito radiotelevisivo non si concreta in un diritto dell’interessato di vedere diffusa in audio o in video la propria generale rappresentazione dei fatti, ma nel diritto a vedere emendati errori o inesattezze su temi significativi in rapporto ai diritti della personalità (identità, onore, immagine, reputazione) di colui che la richiede. Si sostanzia e si esaurisce pertanto nella correzione dell’informazione inesatta.
Analogamente è superata dal chiarimento reso a verbale dalla parte ricorrente l’eccezione che attiene al difetto di collegamento funzionale del procedimento presente con un successivo giudizio di merito, tenuto conto che la rettifica ha fra le sue funzioni anche quella di limitare il danno cagionato dalla diffusione di una notizia errata. Per inciso si osserva che stante il tenore dell’art. 669 octies c.p.c., il collegamento strumentale tra fase cautelare e giudizio di merito risulta sensibilmente attenuato nei procedimenti ex art. 700 c.p.c., alla cui originaria vocazione servente è stata aggiunta una possibile funzione definitoria del tema controverso (il che non vale comunque ad elidere del tutto la necessità di un collegamento anche solo potenziale, se non altro ai fini della determinazione della competenza del giudice adito).
In conclusione il ricorso deve essere accolto, e le spese seguono la soccombenza.
p.q.m.
Visto l’art. 700 c.p.c., ordina alla RAI radiotelevisione di trasmettere nel corso della prossima puntata del programma “L’eredità”, una rettifica, espressamente riferita a quanto accaduto nel corso delle puntate del 21 maggio e del 5 giugno 2020, contenente la dichiarazione che “il diritto internazionale non riconosce Gerusalemme quale capitale dello Stato di Israele”.
Condanna la parte resistente a rifondere alla controparte le spese di lite, liquidate in € 3.126,00
per compensi professionali, oltre iva, cpa e spese generali
Così deciso in Roma il 3.8.2020
il giudice
Cecilia Pratesi
NB: il provvedimento è stato riformato su reclamo con provvedimento del 25 settembre 2020 dal tribunale di Roma.