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Elezione di domicilio per impugnazione solo se imputato libero (Cass. 36146/24)

27 settembre 2024, Cassazione penale

L'elezione di domicilio prevista dall'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., non è requisito necessario a pena di inammissibilità (neanche) nel caso in cui il soggetto risulti detenuto in relazione ad altro giudizio: una interpretazione eccessivamente formale comporterebbe la violazione del diritto all'accesso effettivo alla giustizia sancito dall'art. 6 CEDU, imponendosi, anche rispetto all'art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen., la necessità di una interpretazione che scongiuri il rischio di sanzioni senza lesione, che tenga conto del principio di proporzione, che tenda a conciliare l'esigenza di filtro sottesa alla "regola" con il fondamentale canone del diritto di accesso alla giustizia, che rifugga da eccessi formalistici capaci di frustrare, svuotandone di contenuto, diritti fondamentali e garanzie soggettive.

La dichiarazione o elezione di domicilio per l'impugnazione è dunque da ritenere necessaria solo nel caso in cui l'imputato sia libero, attesa la ratio della disposizione, rappresentata dall'esigenza di evitare il rallentamento della celebrazione del giudizio di impugnazione.

 

Corte di Cassazione

sez. IV penale

ud. 22 maggio 2024 (dep. 27 settembre 2024), n. 36146

1. Con l'ordinanza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Salerno ha dichiarato inammissibile, ai sensi dell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., l'atto di appello, proposto II 28/11/202,3 da P.A. - attualmente detenuto in esecuzione pena, per altra causa, presso la Casa circondariale di Salerno - avverso la sentenza pronunciata il 13/11/2023 dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Salerno, disponendone, per l'effetto, l'esecuzione.

1.2. La dichiarazione di inammissibilità dell'appello si fonda sulla circostanza che a tale atto di impugnazione non è stata allegata alcuna dichiarazione o elezione di domicilio. La Corte territoriale ha, pertanto, ritenuto che, trattandosi di sentenza pronunciata in data successiva all'entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, debba farsi applicazione dell'art. 581 comma 1-ter cod. proc. pen., secondo cui "con l'atto d'impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d'inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio".

2. Avverso la prefata ordinanza ricorre il difensore dell'Imputato che solleva un unico, articolato, motivo con cui deduce inosservanza degli artt. 581, comma 1-ter, 156,157 e 161 cod. proc. pen. La questione di diritto posta dalla difesa è la seguente: se la norma dell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., debba essere applicata anche all'imputato detenuto per altra causa ovvero debba darsi prevalenza all'art. 156 cod. proc. pen., secondo cui le notificazioni all'imputato detenuto, anche successive alla prima, sono sempre eseguite nel luogo di detenzione, mediante copia di consegna alla persona. Contrariamente a quanto assume l'ordinanza impugnata, la giurisprudenza di legittimità, ha esteso il principio di prevalenza della notificazione personale, già affermato in relazione al soggetto detenuto per il reato per cui si procede, all'imputato detenuto per altra causa, considerando anche in questo caso superflua la elezione di domicilio. È la stessa disposizione dell'art. 161 cod. proc. pen. ad escludere l'imputato detenuto dall'ambito di applicazione dell'elezione di domicilio. Né appare concreto il rischio paventato dalla Corte territoriale per il quale, nell'ipotesi in cui l'imputato non si trovasse più in custodia cautelare in carcere al momento in cui venisse emesso dalla Corte di appello il decreto di citazione a giudizio, o lo stesso dovesse essere risultare scarcerato per espiazione di pena, non si riuscirebbe a celebrare validamente il giudizio di appello nei brevi termini previsti dall'art. 344/bis, comma 1, cod. proc. pen. Al riguardo, la difesa ricorda che l'imputato, in data 25/11/22, innanzi all'ufficio della polizia penitenziaria, presso la Casa circondariale di Salerno, ha provveduto ad eleggere domicilio, conseguendone che, qualora dovesse essere scarcerato, questa elezione, "contratta" durante lo stato detentivo, riacquisterebbe efficacia. La nuova disposizione dell'art. 581-ter cod. proc. pen. non ha natura di legge speciale rispetto all'art. 156 codice di rito e, pertanto, non è applicabile all'imputato detenuto.

2.1. In data 15/05/2024 è pervenuta memoria del difensore, avv. ER,  che insiste nelle ragioni del ricorso.

3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha chiesto l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato.

2. La questione oggetto di scrutinio riguarda l'applicabilità della disposizione di cui all'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. - introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n.150 per le impugnazioni proposte, ai sensi del successivo art. 89, in data successiva alla data di entrata in vigore del decreto e in base al quale «con l'atto di impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio» - alle ipotesi in cui l'imputato sia "detenuto per altra causa".

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha osservato che l'unico caso in cui deve ritenersi ammissibile l'atto di appello privo dell'allegazione della dichiarazione/elezione di domicilio dell'imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio di appello, è quello in cui l'appellante sia detenuto per la causa per cui si procede, giacché solo in tale ipotesi l'efficienza processuale, che costituisce la ratio dell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., verrebbe salvaguardata qualora l'imputato non si trovi più in custodia cautelare in carcere al momento in cui viene emesso dalla Corte di appello il decreto di citazione a giudizio, perché quest'ultima disporrebbe della dichiarazione/elezione di domicilio obbligatoriamente prevista dall'art. 161, comma 3, cod. proc. pen.Efficienza procedimentale che verrebbe vanificata, si afferma nell'ordinanza impugnata, qualora l'imputato, al momento del deposito dell'atto di appello, sia detenuto per altra causa. Sostiene questa tesi una pronuncia della Quinta Sezione di questa Corte (n. 4606 del 28/11/2023, dep. 01/02/2024, D'Amuri Antonio, Rv. 285973), la quale - dopo aver premesso che, nel comma 1-ter dell'art. 581 cod. proc. pen., vengono in rilievo due profili finalisticamente collegati, ossia quello dell'esecuzione della notificazione e quello dell'adempimento formale previsto dalle disposizioni in argomento, che non fanno eccezioni nel richiedere che la dichiarazione o l'elezione di domicilio debba accompagnare la proposizione dell'impugnazione, nel caso di specie, dell'appello e che l'atto richiesto, funzionale alla notificazione del decreto di citazione a giudizio, costituisce un atto formale che si connota proprio in funzione della notifica del decreto - ha rilevato che tale adempimento esecutivo può intervenire non di rado anche a distanza di tempo, in un momento successivo rispetto alla formalizzazione dell'impugnazione, così determinando uno scollamento tra il deposito dell'atto di impugnazione e il momento esecutivo della notificazione tale da comportare l'eventualità che l'imputato non sia più detenuto all'atto della notificazione del decreto di citazione per l'appello. Siffatta evenienza, si sostiene, rimarrebbe priva di quella copertura in termini di facilitazione della notificazione e di certezza della conoscenza dell'atto notificato da parte dell'Imputato che le disposizioni di cui all'art. 581, commi 1-ter e 1 -quater, hanno inteso assicurare, richiedendo di depositare la dichiarazione o elezione di domicilio anche nel caso in cui dovesse già esservene una in atti.

L'orientamento richiamato è stato, tuttavia, disatteso da altre pronunce di questa Corte, con argomentazioni che il Collegio condivide e fa proprie (Sez. 6, n. 21940 del 07/02/2024, Janashia Igori, Rv. 286488; Sez. 4, n. 4342 del 09/01/2024, Shala Rafael, Rv. 285749; Sez. 2, n. 33355 del 28/06/2023, Quattrocchi, Rv. 285021; Sez. 2, n. 38442 del 20/09/2023, Toure, Rv. 285029; Sez.2, n.44026 del 12/10/2023, Toure Ismaila, n.m.; Sez.6, n.47172 del 31/10/2023, Alletto, n.m.; Sez.6, n.47174 del 07/11/2023, Chirico, n.m.).

L'interpretazione sistematica dell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., induce a ritenere che la dichiarazione o elezione di domicilio sia da ritenere necessaria solo nel caso in cui l'imputato sia libero, attesa la ratio della disposizione, rappresentata dall'esigenza di evitare il rallentamento della celebrazione del giudizio di impugnazione.

Sotto tale profilo, devono invero essere valorizzati gli elementi testuali rappresentati: a) dall'Inserimento, da parte del d.lgs. n.150/2022, nell'ambito delle disposizioni contenute nell'art. 156 cod. proc. pen. e regolanti le disposizioni in tema di notifica all'imputato detenuto, degli incisi per i quali la notifica stessa - anche quelle successive alla prima - è effettuata "sempre" nel luogo di detenzione con consegna di copia alla persona (comma 1), con esclusione espressa delle modalità di notifica telematica previste dall'art. 148, comma 1, cod. proc. pen. per i soggetti detenuti al di fuori degli istituti penitenziari e con richiamo all'osservanza delle disposizioni dettate dall'art.157 (comma 3); b) dall'Inserimento dell'art.157-ter cod. proc. pen., in base al quale le notificazioni degli atti introduttivi del giudizio nei confronti dell'imputato "non detenuto" sono effettuate nel domicilio dichiarato o eletto e - specificamente nel caso dei giudizi di impugnazione - esclusivamente presso il «domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell'art. 581, commi 1 ter e 1 quater» (comma 3); c) dalla previsione, contenuta nel precedente testo dell'art.164 cod. proc. pen. - in punto di efficacia della dichiarazione o elezione di domicilio - e mantenuta anche a seguito della modifica operata dall'art. 10 d.lgs. n. 150/2022, in base alla quale la determinazione del domicilio dichiarato o eletto è valida ai fini della notifica degli atti introduttivi, fatto salvo il disposto del già richiamato art. 156, comma 1, cod. proc.

Deve pertanto ritenersi che il sistema previsto dalle suddette disposizioni, in tema di notifiche all'imputato detenuto, sia coerente nello stabilire che le stesse non possano che essere effettuate presso il luogo di detenzione; in ciò dovendosi rimarcare (come sottolinea in parte motiva dalla citata Sez. 2, n. 33355 del 28/06/2023, Quattrocchi, Rv. 285021) che la disposizione contenuta nell'art. 157-ter cod. proc. pen. evidenzia - sulla base della lettura dei commi 1 e 3 - che le disposizioni contenute nell'art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen., riguardo alla notifica dell'atto di citazione nei giudizi di impugnazione, si applicano unicamente nei confronti dell'imputato non detenuto (disposizione che sarebbe superflua in caso di applicazione alla generalità degli imputati dello stesso art. 581 cod. proc. pen.).

Si tratta, peraltro, come sottolineato nelle citate pronunce, di una lettura coerente anche con il principio dettato dalle Sezioni Unite (n. 12778 del 27/02/2020, S., Rv. 278869), in base alla quale le notificazioni all'imputato detenuto vanno sempre eseguite, mediante consegna di copia alla persona, nel luogo di detenzione, anche in presenza di dichiarazione od elezione di domicilio (avendo la Corte precisato in motivazione che tale disciplina deve trovare applicazione anche nei confronti dell'imputato detenuto in luogo diverso da un istituto penitenziario e, qualora lo stato di detenzione risulti dagli atti, anche nei confronti del detenuto per altra causa).

Proprio in considerazione dell'interpretazione complessiva del quadro normativo sopra riassunto e del predetto principio enunciato dalle Sezioni Unite, deve ritenersi che l'elezione di domicilio prevista dall'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., non sia requisito necessario a pena di inammissibilità neanche nel caso in cui il soggetto risulti - come nel caso di specie - detenuto in relazione ad altro giudizio, atteso che proprio dal richiamato quadro normativo in tema di notifiche all'imputato detenuto si evince come lo stesso si applichi in diretta conseguenza del suo stato di restrizione; d'altra parte, occorre ricordare che - ai sensi dell'art.161, comma 3, cod. proc. pen. - l'imputato detenuto deve, all'atto della scarcerazione, obbligatoriamente operare la dichiarazione o l'elezione di domicilio, elemento che consente l'agevole individuazione del recapito per le successive notifiche (così, in parte motiva, Sez. 6, n.47174 del 07/11/2023, Chirico). Sul punto si è condivisibilmente osservato (Sez. 6, n. 21940 del 07/02/2024, Janashia Igori, cit.) che una interpretazione eccessivamente formale comporterebbe la violazione del diritto all'accesso effettivo alla giustizia sancito dall'art. 6 CEDU, imponendosi, anche rispetto all'art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen., la necessità di una interpretazione che scongiuri il rischio di sanzioni senza lesione, che tenga conto del principio di proporzione, che tenda a conciliare l'esigenza di filtro sottesa alla "regola" con il fondamentale canone del diritto di accesso alla giustizia, che rifugga da eccessi formalistici capaci di frustrare, svuotandone di contenuto, diritti fondamentali e garanzie soggettive.

3. Si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata, con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Salerno, per il giudizio.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Salerno, per il giudizio.