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Ladra invitata ad aspettare polizia (Cass. 49047/179

25 ottobre 2017, Cassazione penale

L'arresto in flagranza di reato da parte del privato, nei casi consentiti dalla legge, si risolve nell'esercizio di fatto dei poteri anche coattivi e nell'esplicazione delle attività procedimentali propri dell'organo di polizia giudiziaria normalmente destinato ad esercitare tali poteri, richiedendosi, quindi, un comportamento concludente che esprima l'intento di eseguire l'arresto, quale l'apprensione mediante esercizio della coazione previa dichiarazione dell'intento di eseguire l'arresto ovvero l'accompagnamento coattivo del soggetto presso un ufficio di polizia.

Se il privato si limita ad invitare il presunto reo ad attendere l'arrivo dell'organo di polizia giudiziaria, nel frattempo avvertito, non si tratta di arresto in flagranza da parte del privato ma di semplice comportamento di denuncia consentito a ciascun cittadino in qualsiasi situazione di violazione di legge penale.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

(ud. 17/07/2017) 25-10-2017, n. 49047

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VESSICHELLI Maria - Presidente -

Dott. FIDANZIA Andrea - Consigliere -

Dott. SCORDAMAGLIA Irene - rel. Consigliere -

Dott. RICCIARDI Giuseppe - Consigliere -

Dott. AMATORE Roberto - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE di MONZA;

contro

D.R., nata a (OMISSIS);

avverso la ordinanza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di MONZA del 16/11/2016;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Irene Scordamaglia;

letta la requisitoria del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARINELLI Felicetta, che ha chiesto l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata essendo stato l'arresto legittimamente eseguito.

Svolgimento del processo

1. Con il provvedimento in epigrafe il Tribunale di Monza negava la convalida dell'arresto operato nei riguardi di D.R., sorpresa nel cortile di una casa di abitazione dal proprietario della stessa nel mentre aveva ancora con sè monili in oro ed un'urna funeraria, sottratti poco prima dalla privata dimora all'interno della quale si era introdotta, assieme ad una complice, forzandone una porta finestra.

Dall'ordinanza impugnata si apprende che il diniego di convalida dell'arresto era fondato sul rilievo che la misura precautelare era stata adottata dalla Polizia Giudiziaria fuori dalle ipotesi di fragranza o di quasi flagranza di cui all'art. 382 cod. proc. pen., atteso che l'apprensione della persona autrice del reato di cui all'art. 624-bis cod. pen. aveva avuto luogo sulla base delle sole informazioni ricevute dalla persona offesa e da terzi nell'immediatezza dei fatti, e, quindi, in assenza di una autonoma percezione della condotta di reato o delle sue tracce da parte degli operanti.

2. Con il ricorso per cassazione il Pubblico Ministero territorialmente competente, denunziando il vizio di violazione di legge da inosservanza o erronea applicazione degli artt. 380, 383 e 382 cod. proc. pen., chiede l'annullamento del menzionato provvedimento di diniego della convalida.

Secondo il deducente, nel caso di specie, l'arresto era stato operato dal privato ai sensi dell'art. 383 cod. proc. pen., in una situazione in cui la facoltà prevista dalla norma in esame era legittimamente esercitabile, versandosi in ipotesi di arresto obbligatorio in flagranza, e avendo il proprietario dell'abitazione violata bloccato la ladra, che aveva con sè parte della refurtiva, consegnandola alla Polizia Giudiziaria una volta che questa era intervenuta. Di tanto era stata fatta menzione nel verbale di arresto e le modalità di apprensione coattiva dell'indagata da parte del privato erano state erano state illustrate nella richiesta di convalida dell'arresto.

Motivi della decisione


1. Osserva il Collegio che il ricorso merita accoglimento. Sussiste, infatti, il dedotto vizio di violazione di legge, atteso che la dinamica dell'apprensione della D., per come descritta nel verbale di arresto operato dalla Polizia Giudiziaria e nella relativa richiesta di convalida da parte del Pubblico Ministero, depone inequivocabilmente per la sussistenza, nella situazione descritta negli atti, dei requisiti che legittimano la facoltà di arresto da parte del privato prevista dall'art. 383 cod. proc. pen..

2. Premesso che, nel caso di furto in abitazione di cui all'art. 624-bis cod. pen., che è reato perseguibile di ufficio, l'art. 380 cod. proc. pen., comma 2, lett. e-bis), impone alla Polizia Giudiziaria l'arresto in flagranza di reato, con la conseguenza che sono integrati i requisiti indicati dall'art. 383 cod. proc. pen., comma 1, deve darsi atto che dagli atti del procedimento - esaminabili in sede di sindacato di legittimità ove sia dedotto un error in procedendo - emerge chiaramente come la vittima del furto ebbe ad esplicare sulla persona della D., bloccandola e trattenendola all'interno del cortile attiguo all'abitazione, una vera e propria forma di coazione, funzionale all'apprensione della stessa e alla consegna all'organo di polizia.

Con riguardo a tale profilo vale la pena ricordare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l'arresto in flagranza di reato da parte del privato, nei casi consentiti dalla legge ex art. 383 cod. proc. pen., si risolve nell'esercizio di fatto dei poteri anche coattivi e nell'esplicazione delle attività procedimentali propri dell'organo di polizia giudiziaria normalmente destinato ad esercitare tali poteri, richiedendosi, quindi, un comportamento concludente che esprima l'intento di eseguire l'arresto, quale l'apprensione mediante esercizio della coazione previa dichiarazione dell'intento di eseguire l'arresto ovvero l'accompagnamento coattivo del soggetto presso un ufficio di polizia. Quando, invece, il privato si limiti ad invitare il presunto reo ad attendere l'arrivo dell'organo di polizia giudiziaria, nel frattempo avvertito, non si versa nella fattispecie di cui all'art. 383 cit., ma in semplice comportamento di denuncia consentito a ciascun cittadino in qualsiasi situazione di violazione di legge penale (Sez. 5, n. 10958 del 17/02/2005, P.M. in proc. Dobrin, Rv. 231223; Sez. 4, n. 4751 del 15/12/1999 - dep. 22/01/2000, PM in proc. Maaroufi, Rv. 215450).

3. Deve essere, peraltro, evidenziato che il Giudice delle indagini preliminari ha, comunque, errato nell'avere ritenuto che l'arresto fosse stato eseguito dalla Polizia Giudiziaria fuori dai casi di quasi flagranza di cui all'art. 382 cod. proc. pen., atteso che nel verbale di arresto si dà atto che la D. fu trovata in possesso di oggetti in oro e di un'urna funeraria riconosciuti dal proprietario come provento di furto e di cacciaviti, verosimilmente utilizzati per forzare la porta finestra attraverso la quale avvenne l'introduzione nell'abitazione dalla quale i predetti oggetti vennero sportati, e, quindi, ella fu sorpresa con cose o tracce dalle quali appariva che ella aveva commesso il reato immediatamente prima.

4. Ne deriva che non sussistono gli estremi di un arresto non legittimamente eseguito come ritenuto dall'ordinanza impugnata, la quale, pertanto va annullata senza rinvio.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata perchè l'arresto è stato eseguito legittimamente.

Così deciso in Roma, il 17 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2017