Va rifiutata la consegna in un procedimento MAE di un condannato in contumacia in Italia, e ciò in forza della legge di implementazione olandese della Decisione Quadro sul MAE, in base al quale lo Stato richiedente il MAE deve garantire al condannato in contumacia un nuovo giudizio “incondizionato”, ossia non subordinato ai pre-requisiti o alle condizioni previste, nel caso di specie, dall'art. 175 c.p.p.
Il contributo è stato pubblicato in Cassazione penale (Giuffrè editore) "TANTO TUONÒ, CHE PIOVVE: NEGATA LA CONSEGNA IN UNA PROCEDURA MAE PER MANCANZA IN ITALIA DEL DIRITTO INCONDIZIONATO ALL'IMPUGNAZIONE", Nicola Canestrini, Cassazione Penale, fasc.7, 1 AGOSTO 2018, pag. 2664, vai alla versione integrale (con note).
L'Autore commenta una recente pronuncia olandese (District Court of Amsterdam, procedimento 18/169, decisione 5 aprile 2018) secondo la quale va rifiutata la consegna in un procedimento MAE di un condannato in contumacia in Italia, e ciò in forza della legge di implementazione olandese della Decisione Quadro sul MAE, in base al quale lo Stato richiedente il MAE deve garantire al condannato in contumacia un nuovo giudizio “incondizionato”, ossia non subordinato ai pre-requisiti o alle condizioni previste, nel caso di specie, dall'art. 175 c.p.p. Ritiene infatti la Corte olandese che il condannato in Italia avrebbe solo il diritto di presentare la richiesta di remissione in termini per proporre impugnazione, richiesta che tuttavia sarebbe sottoposta al vaglio di ammissibilità dell'A.G. competente: tale circostanza, per lo Stato richiesto, “non costituisce garanzia incondizionata di appello” e, quindi, il pieno diritto di difesa dell'imputato giudicato in contumacia.
Since in Italian appeal proceedings, according to the text of article 175 of the Italian Code of Criminal Procedure that applied between 2009 and 2014, a number of conditions included in Italian law have to be fulfilled before deeming whether eligibility exists for re-assessment of the default judgment, there is no unconditional guarantee of appeal of in absentia convictions and the Italian European Arrest Warrant cannot be executed under Dutch law (District Court of Amsterdam, procedimento 18/169, decisione 5 aprile 2018).
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1. IL PROCESSO CONTUMACIALE ITALIANO VISTO DA STRASBURGO (CENNI)
Come noto, il processo contumaciale italiano è stato oggetto per decenni di condanne da parte della Corte europea dei diritti dell'Uomo: dalla sentenza Colozza contro Italia (1985) in poi, infatti, la Corte EDU ha a più riprese condannato l'Italia per violazione al diritto fondamentale ad un processo equo, come garantito dall'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo (CEDU), perché le varie normative succedutesi nel tempo non raggiungevano lo standard minimo richiesto della Convenzione per poter ritenere acclarata una rinuncia volontaria dell'imputato a partecipare al processo (1 note omesse) e per la insufficienza dei rimedi processuali interni a rimediare che chi è stato inconsapevolmente condannato (2 note omesse).
La Corte nelle condanne succedutesi nel tempo ha ricordato i molti strumenti internazionali in base ai quali l'Italia è obbligata a garantire una «fresh determination» (per usare il linguaggio dell'ormai storica sentenza Colozza c. Italia) sull'accusa mossa ad un contumace inconsapevole. Sostanzialmente – e sinteticamente – la Corte di Strasburgo, in relazione all'art. 6 della C.E.D.U., ha fissato i seguenti principi (3 note omesse):
a. La persona accusata di un reato, pur non avendone l'obbligo, ha diritto di essere presente al processo che la riguarda.
b. È possibile la rinuncia all'esercizio di tale diritto, e dunque la previsione di forme di procedimento contumaciale non è per se stessa contraria alle disposizioni convenzioni di garanzia dei diritti dell'uomo.
c. Affinché la celebrazione in absentia del processo rappresenti il frutto di una scelta, e non la violazione di un diritto, l'imputato deve essere consapevole della celebrazione del procedimento a suo carico.
d. Va conseguentemente prevenuta l'esecuzione di sentenze pronunciate contro contumaci inconsapevoli.
e. Appartiene alla discrezionalità degli Stati la scelta degli strumenti per evitare l'esecuzione delle sentenze appena indicate, potendo essi approntare strumenti preventivi, cioè preclusioni che ostacolino la celebrazione del processo in absentia a fronte di comunicazioni non personalizzate circa le scansioni del processo, oppure strumenti ripristinatori.
f. A proposito di questi ultimi, in particolare, deve essere garantita al condannato contumace inconsapevole la nuova celebrazione di un procedimento, che si svolga in sua presenza avanti ad un giudice che ascolti le ragioni del condannato e gli consenta l'esercizio del diritto di difesa (4 note omesse).
Proprio le sentenze sopra sommariamente ricordate sono state, del resto, all'origine della novella legislativa introdotta con d.l. 21 febbraio 2005, n. 17, convertito con modificazioni dalla l. 22 aprile 2005, n. 60, con la quale il governo italiano pareva voler rimediare al “difetto strutturale” del sistema processualpenalistico italiano, individuato dalla Corte europea nell'assenza di un meccanismo effettivo, volto a concretizzare il diritto delle persone condannate in contumacia – che non siano state effettivamente informate del procedimento a loro carico e a condizione che non abbiano rinunciato in maniera certa e consapevole a comparire – di ottenere che una giurisdizione esaminasse nuovamente il caso, dopo averle ascoltate sul merito delle accuse, nel rispetto dei principi di cui all'art. 6 Cedu (5 note omesse). Infatti, il processo contumaciale visto da Strasburgo non è di per sé incompatibile con le garanzie della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, purché il condannato assente e non rinunciante possa, una volta venuto a conoscenza della condanna a suo carico, beneficiare del diritto alla celebrazione di un “nuovo” giudizio in sua presenza. Per quanto qui rileva, la Corte ha invitato lo Stato italiano a «sopprimere un ostacolo legale che potrebbe impedire la riapertura nel termine o la tenuta di un nuovo processo» nei confronti dell'assente non rinunciante (6 note omesse), segnalando la necessità che lo Stato italiano garantisse «con misure appropriate, la messa in opera del diritto in questione», non solo per il singolo ricorrente del caso sottoposto al suo esame, ma per tutte le persone che vengano a trovarsi «in una situazione simile alla sua» (7 note omesse).
I tempi rapidi necessari per la conversione in legge del provvedimento governativo non hanno, però, favorito una rivisitazione alla luce di principi enunciati da Strasburgo, ed il giudizio contumaciale italiano è rimasto sotto i riflettori, fino alla ulteriore riforma del rito contumaciale introdotta con l. 17 maggio 2014, n. 67, che rappresenta l'ultima risposta (peraltro ancora insoddisfacente (8) in termini di tempo alle pressioni esercitate dai giudici europei.
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2. LA DISCIPLINA DEL MANDATO DI ARRESTO EUROPEO ESECUTIVO SU DECISIONE PRONUNCIATA IN ASSENZA E LA SENTENZA DEL BUNDESVERFASSUNGSGERICHTSHOF SOLANGE III
In tale finestra temporale tra il 2005 ed il 2014 si innesta peraltro anche la Decisione quadro 2009/299/GAI, adottata il 26 febbraio 2009 dal Consiglio europeo, che richiamando l'articolo 6 della Convenzione EDU come interpretata dalla Corte modifica, come noto, le Decisioni quadro 2002/584/GAI, 2006/783/GAI, 2008/909/GAI e 2008/947/GAI.
Il tema del processo in absentia era infatti anche al centro dei dibattiti sul funzionamento degli strumenti di cooperazione giudiziaria c.d. rafforzati, basati sul principio della fiducia reciproca / reciproco riconoscimento. La mancanza di regole comuni al riguardo ha, infatti, spesso rappresentato un ostacolo, vista la riluttanza di molti Stati a eseguire decisioni pronunciate al termine di un processo in cui l'interessato non è comparso personalmente: la DQ 2009/299/GAI ha inteso quindi rafforzare i diritti processuali delle persone e promuovere l'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni pronunciate in assenza dell'interessato al processo; e ciò al fine di «prevedere motivi chiari e comuni per il non riconoscimento delle decisioni pronunciate al termine di un processo a cui l'interessato non è comparso personalmente», mirando la decisione quadro a «precisare la definizione di tali motivi comuni consentendo all'autorità di esecuzione di eseguire la decisione nonostante l'interessato non sia presente al giudizio, pur rispettando pienamente il diritto alla difesa dell'interessato» (considerando 4 della DQ 299/2009 cit.).
Alla luce del diritto garantito dall'articolo 6 della CEDU, più volte richiamato dai consideranda della DQ 2009/299/GAI citata (9 note omesse), e con particolare riferimento all'obbligo di garantire una «fresh determination», il considerando 11 della DQ 2009/299/GAI stabiliva che il «nuovo processo o ricorso in appello è volto a garantire i diritti della difesa ed è caratterizzato dai seguenti elementi: l'interessato ha il diritto di essere presente, [e] il merito della causa, comprese le nuove prove, è riesaminato e il procedimento può condurre alla riforma della decisione originaria».
Ed esattamente sull'articolo 6 della Convenzione EDU come interpretato dalla Corte, applicabile in virtù e nei limiti di cui all'articolo 52/3 della Carta dei diritti fondamentali, oltre che sul diritto ad una impugnazione “effettiva”, dichiarato principio fondamentale del diritto dell'Unione (10 note omesse), la Corte costituzionale federale tedesca aveva già rigettato la richiesta di consegna da parte dell'Italia in un procedimento MAE esecutivo nel dicembre del 2015, rilevando che la disciplina del processo contumaciale italiano non rispettasse la Menschenwürde, cioè la dignità umana (11 note omesse).
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3. LA DECISIONE DELLA DISTRICT COURT OF AMSTERDAM DEL 5 APRILE 2018
In tale quadro si inserisce la sentenza in commento, che prende le mosse da un mandato di arresto europeo emesso nel 2016 dall'Italia in forza di una sentenza di condanna per reati inerenti agli stupefacenti emessa nella contumacia dell'imputato – nel frattempo trasferitosi in Olanda – del Tribunale di Padova del 2009 (12).
Una prima udienza fissata per la decisione viene rinviata per richiedere all'Italia informazioni supplementari sui rimedi esperibili in Italia nel caso in cui il condannato venisse consegnato (13 note sempre omesse), con particolare riferimento ad un diritto incondizionato all'impugnazione previsto dalla legge olandese di implementazione della Decisione Quadro istitutiva del MAE.
Ricevuta la notizia che «l'istanza sarà accolta solo ed esclusivamente nel caso in cui dagli atti del procedimento non emerga che lo stesso condannato abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero di proporre impugnazione (art. 175, comma 2, c.p.p.). Sarà l'autorità giudiziaria investita del caso con l'istanza ad avere l'onere di accertare l'effettiva conoscenza e/o la volontaria rinuncia di cui sopra (art. 175, comma 2, ultimo periodo, c.p.p.)» (14), la District Court conclude che non esiste in Italia un diritto incondizionato all'impugnazione di una sentenza contumaciale e rigetta la consegna richiesta (15 note omesse).
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