La disciplina del procedimento in absentia esclude la ignoranza incolpevole, presupposto che legittima l’istanza di rescissione, ogni volta che emerga che l’imputato abbia avuto conoscenza della esistenza del procedimento, anche se in una fase iniziale.
Sussiste una colpevole mancata conoscenza del processo, preclusiva del ricorso di cui all’art. 629 bis ter c.p.p., in tutti i casi in cui l’imputato non abbia adempiuto agli oneri di diligenza generati dalla conoscenza dell’esistenza del processo, seppure in una fase iniziale (ivi compreso l'onere di contatto col difensore).
Il riconoscimento dell’ignoranza incolpevole che legittima la radicale restituzione prevista dall’istituto della rescissione del giudicato deve essere valutata prendendo in esame tutti gli eventi che generano la conoscenza della pendenza giudiziaria, nulla rilevando che gli stessi si insedino nella fase investigativa piuttosto che in quella processuale: la lettera dell’art. 420 bis c.p.p., comma 2 fa, infatti, esplicito riferimento al "procedimento" ed esclude che si possa limitare la rilevazione di eventi che generano la "conoscenza" solo a quelli successivi all’avvio della fase processuale.
La notifica di plurimi atti del procedimento (avviso di conclusione delle indagini) e del processo (avviso di fissazione dell’udienza preliminare, decreto di rinvio a giudizio) a mani del familiare capace e convivente regolarmente eseguita presso il domicilio dell’imputato, ai sensi dell’art. 157 c.p.p., integra un evento processuale idoneo a fondare il convincimento, in assenza di elementi concreti di segno contrario, il cui onere di deduzione gravava sull’imputato, che questi abbia, comunque, avuto conoscenza della esistenza del procedimento, prima, e del processo, poi, a suo carico.
Corte di Cassazione
sez. V Penale, sentenza 1 luglio – 3 ottobre 2019, n. 40495
Presidente Sabeone – Relatore Belmonte
Ritenuto in fatto
1.Con la ordinanza impugnata la Corte di Appello di Napoli rigettava l’istanza di rescissione del giudicato, formulata nell’interesse di A.V. ai sensi dell’art. 629 bis c.p.p., con riferimento alla sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Napoli il 03 novembre 2017, e divenuta irrevocabile il 19/12/2017.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso l’imputato, con il ministero del difensore, il quale ne ha chiesto l’annullamento deducendo, con un unico motivo, violazione dell’art. 629 bis c.p.p., in relazione all’art. 420 bis c.p.p., censurando l’affermazione di equipollenza, nella notifica dei atti giudiziari, tra la consegna a mani proprie e la consegna a mani di persona capace e convivente operata dal Tribunale e condivisa dalla Corte di Appello. Espone che, sebbene l’imputato non avesse mai dichiarato o eletto domicilio, nè nominato difensore di fiducia, e neppure avesse ricevuto mai personalmente la notifica di alcun atto, il Tribunale aveva proceduto alla celebrazione del processo, dando atto della regolarità della notifica del decreto di citazione a giudizio. Si duole, tuttavia, che detto decreto era stato notificato una prima volta in (omissis) , dove l’imputato non risultava residente, e poi, dopo ricerche a mezzo di polizia giudiziaria, disposte dal Tribunale, presso il domicilio in via (omissis) a mani della moglie capace e convivente, il 4 aprile 2017. E però, il Presidente del Tribunale decidente aveva disposto la rinnovazione della notifica con consegna a mani del destinatario (giusta ordinanza resa all’udienza del 23 giugno 2017), sicché, erroneamente, il Tribunale, alla successiva udienza del 3 novembre 2017, aveva considerato la notifica a mani della moglie, presso il domicilio familiare, equivalente alla disposta notifica a mani proprie, in violazione delle previsioni di cui all’art. 420bis c.p.p.. Non sussistendo una condotta negligente dell’imputato, preclusiva della proposizione dell’istanza ai sensi dell’art. 629 bis c.p.p., proprio per non avere ricevuto alcun avviso dal quale avrebbe potuto desumere la esistenza di un procedimento penale a suo carico, e tenuto conto delle gravi condizioni di salute in cui versava fin da epoca antecedente alla celebrazione del processo a suo carico, che avrebbero dovuto imporre gli accertamenti di rito sulla capacità di partecipare al processo, egli chiede l’annullamento della ordinanza impugnata.
3. Con requisitoria scritta pervenuta in data 26 giugno 2019, il Procuratore Generale presso questa Corte di Cassazione ha chiesto il rigetto del ricorso considerando correttamente eseguita la notifica del decreto di citazione a giudizio, consegnato a mani della moglie capace e convivente, e ragionevole la presunzione dei giudici di merito che, ai sensi dell’art. 420 bis c.p.p., comma 2, hanno ritenuto che l’imputato, pur non avendo personalmente ricevuto la notifica dell’atto, tuttavia, fosse stato posto in condizioni di avere conoscenza dell’esistenza del procedimento a suo carico, neppure essendo stati prospettati elementi in grado di vincere la predetta presunzione relativa.
Considerato in diritto
1. Il ricorso non è fondato e se ne impone il rigetto.
2. La disciplina del procedimento in absentia, per come attualmente configurata alla luce delle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza convenzionale (ex plurimis, Corte Edu, Sejdovic c. Italia; Grande Camera 1 marzo 2006), esclude la ignoranza incolpevole, presupposto che legittima l’istanza di rescissione, ogni volta che emerga che l’imputato abbia avuto conoscenza della esistenza del procedimento, anche se in una fase iniziale.
Infatti, l’art. 420bis c.p.p. - come introdotto dalla L. n. 67 del 214 individua in capo all’accusato "consapevole" dell’esistenza della pendenza, un preciso onere di diligenza, che si declina sia nel dovere di informarsi circa lo stato della progressione processuale, sia nell’onere di esercitare le facoltà e i diritti che gli sono riconosciuti ogni volta che lo stesso abbia conoscenza dell’esistenza del processo.
Tant’è che, nell’attuale sistema, ai fini della rescissione del giudicato, si richiede l’emersione della incolpevole mancata conoscenza dell’esistenza del procedimento penale; se tale condizione risulta provata, l’imputato, assente inconsapevole, ha diritto alla integrale reiezione del processo, e non solo, come nel precedente sistema, alla restituzione di un termine determinato, in ipotesi collocato in una fase avanzata della progressione processuale.
Tale effetto integralmente restitutorio è correlato a un rigoroso accertamento dei presupposti che lo legittimano; secondo la elaborazione proveniente dalla giurisprudenza, nella quale il Collegio si riconosce, sussiste, pertanto, una colpevole mancata conoscenza del processo, preclusiva del ricorso di cui all’art. 629 bis ter c.p.p., in tutti i casi in cui l’imputato non abbia adempiuto agli oneri di diligenza generati dalla conoscenza dell’esistenza del processo, seppure in una fase iniziale (Cass. sez. 2, n. 147 del 25/01/2017- dep. 24/03/2017, Xhami, Rv. 269554), e tale ignoranza incolpevole non deve essere valutata in relazione a singoli atti della progressione processuale, poiché la conoscenza della esistenza del procedimento, seppure avvenuta in una fase iniziale dello stesso, genera un onere di diligenza che si esprime anche nel dovere di mantenere i contatti con il difensore (Sez. 2 n. 14787 del 25/012/2017, Rv. 269554).
2.1. Sebbene la legge indichi una serie di eventi, che - in quanto manifestazioni precise di volontà partecipativa (elezione di domicilio, nomina di un difensore di fiducia), o perché, pur indipendenti dalla volontà dell’accusato, evidenziano, in modo incontrovertibile, la conoscenza del procedimento (applicazione di una misura pre-cautelare o cautelare, ovvero il ricevimento personale della notifica dell’avviso di udienza - art. 420 bis c.p.p., comma 2) - generano la presunzione assoluta di conoscenza del procedimento, la clausola di chiusura di cui all’art. 420 bis c.p.p., comma 2 lascia al giudice ampia discrezionalità nella rilevazione di eventuali ulteriori eventi dai quali "risulti con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento" (art. 420 bis c.p.p., comma 2 ultima parte).
Si afferma, pertanto, che il riconoscimento dell’ignoranza incolpevole che legittima la radicale restituzione prevista dall’istituto della rescissione del giudicato deve essere valutata prendendo in esame tutti gli eventi che generano la conoscenza della pendenza giudiziaria, nulla rilevando che gli stessi si insedino nella fase investigativa piuttosto che in quella processuale: la lettera dell’art. 420 bis c.p.p., comma 2 fa, infatti, esplicito riferimento al "procedimento" ed esclude che si possa limitare la rilevazione di eventi che generano la "conoscenza" solo a quelli successivi all’avvio della fase processuale. (Sez. 5, n. 4652 del 16/10/2017 Rv. 272276; Sez. 2, n. 25996 del 23/05/2018 Rv. 272987).
2.2. In tale ottica, pertanto, e venendo al caso in scrutinio, la notifica di plurimi atti del procedimento (avviso di conclusione delle indagini) e del processo (avviso di fissazione dell’udienza preliminare, decreto di rinvio a giudizio) a mani del familiare capace e convivente - nella specie, la moglie dell’imputato - regolarmente eseguita presso il domicilio dell’imputato, ai sensi dell’art. 157 c.p.p., integra un evento processuale idoneo a fondare il convincimento, in assenza di elementi concreti di segno contrario, il cui onere di deduzione gravava sull’imputato, che questi abbia, comunque, avuto conoscenza della esistenza del procedimento, prima, e del processo, poi, a suo carico.
Nè, in materia di notificazione all’imputato non detenuto, nell’ipotesi di notifica effettuata a familiare convivente ai sensi dell’art. 157 c.p.p., comma 1, è previsto che l’ufficiale giudiziario dia un ulteriore avviso al destinatario mediante l’invio di una lettera raccomandata, come è invece disposto dalla L. n. 890 del 1982 con riguardo alle notifiche effettuate dall’agente postale (Sez. 5, n. 4652 del 16/10/2017 Rv. 272276 - 01).
La motivazione della Corte di Appello, pertanto, che ha ritenuto correttamente eseguita la notifica con siffatta modalità - in quanto conforme al modello processuale delineato dall’art. 157 c.p.p. - si appalesa giuridicamente ineccepibile.
Non è, pertanto, censurabile il convincimento, espresso dal Collegio di merito, che l’imputato fosse venuto a conoscenza, per tale via, del procedimento a suo carico, alla luce degli elementi fattuali a disposizione, e in assenza di qualsivoglia deduzione in ordine alle ragioni per le quali la moglie non avrebbe portato a conoscenza dell’imputato gli atti di cui aveva ricevuto materialmente la notifica.
Legittimamente, dunque, la Corte di Appello di Napoli è pervenuta al rigetto dell’istanza di rescissione del giudicato, sulla scorta della operatività della clausola di chiusura di cui all’art. 420 bis c.p.p., comma 2, la quale pone un preciso onere di diligenza in capo all’accusato "consapevole" dell’esistenza della pendenza, declinato sia nel dovere di informarsi circa lo stato della progressione processuale, sia nell’onere di esercitare le facoltà ed i diritti che gli sono riconosciuti ogni volta che lo stesso abbia conoscenza dell’esistenza del processo.
3. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.