In mancanza di dati che depongano per l'esistenza di contatti tra imputata e difensore o, comunque, di indicatori di consapevolezza della prevenuta circa l'esistenza del procedimento, l'adozione di un modello notificatorio che non è passato attraverso la consegna a mani proprie dell'imputata del decreto di citazione a giudizio deve ritenersi inidoneo a determinare la conoscenza dell'atto, il che conduce a qualificare come assoluta la nullità determinatasi e, come tale, a reputarla rilevabile e deducibile in qualsiasi stato e grado del procedimento.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
(ud. 21/01/2021) 09-06-2021, n. 22752
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VESSICHELLI Maria - Presidente -
Dott. BELMONTE Maria T. - Consigliere -
Dott. CALASELICE Barbara - Consigliere -
Dott. CAPUTO Angelo - Consigliere -
Dott. BORRELLI Paola - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
G.I., nata il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 18/02/2019 della CORTE APPELLO di VENEZIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. PAOLA BORRELLI;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale Dott. EPIDENDIO TOMASO, - ai sensi del D.L. 137 del 2020, art. 23, comma 8, conv. dalla L. n. 176 del 2020 -, che ha chiesto annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata e quella di primo grado, con restituzione degli atti al Tribunale di Venezia.
lette le conclusioni dell'Avv.RS, ai sensi dell'art. 23, comma 8, cit., che ha insistito per l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
1. La sentenza oggetto di ricorso per cassazione è stata pronunziata dalla Corte di appello di Venezia ed ha confermato quella emessa dal Giudice monocratico del Tribunale della stessa città nei confronti di G.I. per il tentato furto della borsa di B.M., aggravato dall'essere stato attuato in un mezzo pubblico di trasporto.
2. Contro la sentenza anzidetta, l'imputata ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di ufficio Avv. RS, affidato ad un unico motivo, con cui la parte deduce violazione di legge processuale. Si sostiene nel ricorso che la dichiarazione di assenza in primo grado era stata fondata sull'elezione di domicilio effettuata dall'imputata presso il difensore di ufficio nominatole in sede di redazione del verbale di identificazione da parte della polizia giudiziaria. Le notifiche del procedimento erano poi state effettuate tutte sulla base di detta elezione di domicilio. La violazione di legge consisterebbe nel fatto che l'elezione di domicilio presso il difensore di ufficio, da sola, non costituisce valido indice di conoscenza del procedimento ai fini dell'art. 420-bis c.p.p.
Peraltro il difensore di ufficio - firmatario del ricorso -non aveva potuto prendere contatti con l'assistita ai fini di un'effettiva instaurazione del rapporto professionale, a cagione del fatto che l'imputata non aveva un indirizzo cui poter essere rintracciata.
Ancorchè il tutto si sia realizzato prima dell'entrata in vigore dell'art. 162 c.p.p., comma 4-bis, ad opera della L. 23 giugno 2017, n. 103, proprio la successiva volontà legislativa conferma che si tratta di nullità assoluta e insanabile, deducibile anche per la prima volta in cassazione. Ad ulteriore sostegno della propria tesi, il redattore del ricorso cita l'ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite di questa Corte concernente proprio la possibilità che la dichiarazione di assenza possa fondarsi su un'elezione di domicilio del tipo di quella sottoscritta dalla ricorrente.
3. Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e della sentenza di primo grado - con trasmissione degli atti al Tribunale di Venezia - ritenendo fondata la questione posta dalla ricorrente.
In particolare, il Procuratore generale ha rappresentato che, dagli atti posti a sua disposizione, non si evincevano indicatori di conoscenza del procedimento in capo alla G. ed ha evocato Sezioni Unite Ismail, nonchè un precedente di questa sezione (Sez. 5, n. 37185 del 1/7/19, RV. 277339), circa la riconducibilità della nullità determinatasi a quella di cui all'art. 604 c.p.p., comma 5-bis, seconda parte, e la sua rilevabilità in cassazione, ancorchè non denunziata dalla difesa nè in primo, nè in secondo grado.
4. L'Avv. S., nelle sue conclusioni scritte, ha insistito per l'accoglimento del ricorso, evocando la medesima giurisprudenza di questa Corte richiamata dal Procuratore generale.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato e, per l'effetto, va annullata sia la sentenza di primo grado che quella di appello, con trasmissione degli atti al Tribunale di Venezia per l'ulteriore corso.
1. Preliminare all'illustrazione del ragionamento svolto è il riepilogo degli accadimenti processuali, così come ricostruiti sia attraverso le allegazioni del ricorso che grazie all'esame degli atti del fascicolo processuale, possibile in ragione della natura processuale della doglianza.
L'odierna imputata risponde di un reato commesso il (OMISSIS) e, in pari data, risulta avere sottoscritto un verbale di identificazione ed elezione di domicilio redatto dai carabinieri del Nucleo Operativo e radiomobile della Compagnia di Mestre. In tale verbale ella, avvertita della facoltà di nominare difensore di fiducia e richiesta di eleggere domicilio, dichiarava di riservarsi la nomina fiduciaria, di accettare la nomina di difensore di ufficio - individuato dalla polizia giudiziaria nell'Avv. RS - e di eleggere domicilio presso lo studio di costui.
La notifica del decreto di citazione per il giudizio di primo grado è avvenuta presso il domiciliatario - quindi mediante notifica all'Avv. S - e così quella per il giudizio di appello.
L'imputata non ha mai nominato difensore di fiducia e non è mai comparsa in giudizio e si è proceduto, in entrambi i gradi di merito, in sua assenza, con l'assistenza del difensore di ufficio, che è anche il firmatario del ricorso per cassazione; ricorso nel quale, per la prima volta, viene eccepita la nullità della notifica del decreto di citazione a giudizio per il primo grado e la nullità derivata degli atti conseguenti, ivi comprese le sentenze di primo grado e di appello.
2. Ebbene, la dinamica processuale evidenziata nel ricorso integra effettivamente la nullità lamentata dalla parte.
Il Collegio ritiene, infatti, che debba trovare applicazione il principio di recente sancito dalla Sezioni Unite di questa Corte, in un caso sostanzialmente analogo a quello della ricorrente (anch'esso concernente fattispecie precedente all'introduzione dell'art. 162 c.p.p., comma 4-bis, ad opera della L. 23 giugno 2017, n. 103), secondo cui, ai fini della dichiarazione di assenza, non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio da parte dell'imputato; al contrario, il giudice deve, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l'effettiva instaurazione di un rapporto professionale con il legale domiciliatario, tale da fargli ritenere con certezza che l'imputato abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente allo stesso (Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, Rv. 279420).
A tale conclusione, le Sezioni Unite sono giunte dopo una compiuta analisi dell'evoluzione normativa sul tema delle garanzie di conoscenza e partecipazione del procedimento fino alla legge sul processo in assenza, oltre che della giurisprudenza della Corte edu che ha funto da stimolo al legislatore. La conclusione cui è giunto il precedente in discorso è che l'elezione di domicilio presso il difensore di ufficio non è indicativa della concreta e reale conoscenza del procedimento, che sola potrebbe legittimare una notifica non a mani proprie del decreto di citazione a giudizio, salvo che emerga positivamente che vi sia stata un'effettiva instaurazione del rapporto professionale che ha consentito il transito di informazioni circa la data e il luogo di celebrazione del processo e l'accusa a carico, dal difensore di ufficio all'imputato. Occorre rifuggire - hanno sostenuto le Sezioni Unite - da un'esegesi che legga le situazioni di cui all'art. 420-bis c.p.p., comma 2, come presunzioni di conoscenza del procedimento, pena la regressione dell'attuale sistema - a dispetto delle finalità che lo hanno ispirato e che hanno condotto ad una lunga evoluzione normativa e giurisprudenziale sul tema delle garanzie di partecipazione al procedimento - all'assetto antecedente all'entrata in vigore del nuovo codice di rito. Quanto, in particolare, alle elezioni di domicilio relative a soggetti stranieri più o meno precari in Italia, le Sezioni Unite hanno sostenuto che l'elezione di domicilio deve essere seria e reale, dovendo essere apprezzabile un rapporto tra il soggetto ed il luogo dove dovrebbero essere indirizzati gli atti, onde evitare elezioni di domicilio "disattente" e "poco consapevoli".
Applicati questi principi nel caso allora sub iudice, le Sezioni Unite hanno ritenuto corretta la statuizione della Corte di appello che aveva rilevato, di ufficio, la nullità della sentenza di primo grado per essere stata preceduta da una dichiarazione di assenza fondata sull'elezione di domicilio presso un difensore di ufficio da parte di un soggetto straniero, avvenuta in una fase precoce dell'evoluzione procedimentale.
In particolare, la Corte di merito aveva reputato che il Giudice di prime cure non avesse correttamente vagliato tale elezione di domicilio quale indicatore di conoscenza del procedimento ai sensi dell'art. 420-bis c.p.p., comma 2, e che non vi fosse prova della conoscenza della chiamata in giudizio nè di indicatori di una volontaria sottrazione alla conoscenza del procedimento da parte dell'imputato.
3. Data la sovrapponibilità della situazione processuale della G. con quella della sentenza Ismail, può dirsi dunque assodato che viene in rilievo anche nella specie un profilo di nullità.
Occorre, tuttavia, ragionare sulla sua natura, al fine di dare conto delle ragioni per cui l'odierna censura difensiva è stata ritenuta ammissibile nonostante sia stata formulata, per la prima volta, nel ricorso per cassazione ed ancorchè essa si riferisca precipuamente al decreto di citazione per il giudizio di primo grado (invocando altresì la nullità della sentenza di primo grado e di quella di appello quali atti successivi e dipendenti da detta citazione).
3.1. Benchè nella sentenza Ismail non si rinvenga una classificazione espressa della nullità, una traccia significativa nel senso della sua assolutezza potrebbe essere ricavata dalla concreta decisione adottata dall'autorevole precedente nel reputare corretto il rilievo di ufficio della nullità in sede di appello. Se si accede all'esegesi secondo cui la nullità della citazione si colloca nella fase degli atti preliminari al dibattimento e non "nel giudizio" (Sez. 2, n. 46638 del 13/09/2019, D'Ario, Rv. 278002; Sez. 2, n. 24807 del 04/04/2019, Lupica Cordazzaro, Rv. 276968; il principio è altresì ricavabile da Sez. 2, n. 30958 del 14/07/2016, B., Rv. 267574; Sez. 2, n. 6472 del 13/01/2011, I., Rv. 249379), se ne deve desumere che, qualora la nullità fosse stata di ordine generale a regime intermedio, non sarebbe stata più rilevabile dopo la deliberazione della sentenza di primo grado, a norma dell'art. 180 c.p.p., comma 1, primo periodo.
Ne consegue che le Sezioni Unite, quando hanno avallato la decisione della Corte di merito che verteva sulla notifica del decreto di citazione per il giudizio di primo grado e che aveva rilevato officiosamente la nullità, lo hanno fatto escludendo implicitamente che detta patologia processuale fosse soggetta ai limiti di rilevabilità delle nullità di ordine generale a regime intermedio; dal che può essere ulteriormente desunto che le Sezioni Unite l'hanno ritenuta assoluta.
3.2. Il percorso attraverso il quale il Collegio è giunto a concludere per l'assolutezza della nullità si sviluppa anche aliunde.
Una volta preso atto dell'itinerario argomentativo delle Sezioni Unite nela sentenza Ismail, occorre riguardare la questione dal punto di vista del sistema notificatorio. E' chiaro, infatti, che la non iscrivibilità automatica dell'elezione di domicilio presso il difensore di ufficio nel novero di cui all'art. 420-bis c.p.p., comma 2, si ripercuote sul regime delle notificazioni, legittimando, in assenza di altri indicatori di conoscenza del procedimento o di volontaria sottrazione al medesimo, la celebrazione del processo solo previa notifica a mani proprie del decreto di citazione a giudizio.
Affrontata la questione da questo punto di vista, una chiave di lettura circa la natura della nullità può essere rinvenuta in un altro precedente delle Sezioni Unite di questa Corte.
3.2.1. Ci si riferisce alla sentenza delle Sezioni Unite Palumbo (Sez. U, n. 119 del 27/10/2004, dep. 2005, Rv. 229541), che ha sancito il principio, in tema di notificazione della citazione dell'imputato, secondo cui la nullità assoluta e insanabile prevista dall'art. 179 c.p.p. ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione della citazione sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti in concreto inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell'atto da parte dell'imputato.
In questi casi il giudice è tenuto a rilevare di ufficio la nullità, anche oltre i limiti previsti dall'art. 180 c.p.p., e, se non gliene risultano le condizioni, è l'imputato che deve determinarne la cognizione ed eventualmente dimostrarne l'esistenza.
Sul punto, in particolare le Sezioni Unite hanno sostenuto che, quando, nonostante la sua idoneità in astratto, la notificazione effettuata in una forma diversa da quella prescritta non ha conseguito lo scopo di portare l'atto di citazione a conoscenza dell'imputato, questi, se vuoi far valere la nullità assoluta stabilita dall'art. 179 c.p.p., comma 1, non può limitarsi a denunciare l'inosservanza della norma processuale, ma deve anche rappresentare al giudice di non avere avuto conoscenza dell'atto e deve eventualmente avvalorare l'affermazione con elementi che la rendano credibile.
Calati questi principi nell'odierna regiudicanda, il Collegio osserva che non può certo dirsi che la notifica del decreto di citazione a giudizio alla G. sia stata omessa, giacchè essa è avvenuta in maniera formalmente regolare presso il domicilio eletto dall'imputata.
Tuttavia, per le considerazioni svolte nella sentenza Ismail, tale forma di notifica è diversa da quella prescritta; difettando la valenza dell'elezione di domicilio presso il difensore di ufficio come indicatore di conoscenza del procedimento ex art. 420-bis c.p.p., comma 2, e, quindi, come presupposto per procedere in assenza dell'imputata, sarebbe stato infatti necessario che il Giudice di primo grado pretendesse la notifica a mani proprie del decreto di citazione a giudizio, mancando altri indicatori di cui alla norma appena citata.
Una notifica diversamente eseguita è, dunque, divergente dal modello notificatorio consentito, il che chiama in causa il principio stabilito dalla sentenza Palumbo.
3.2.2. Quanto all'ulteriore sviluppo del ragionamento, però, occorre reinterpretare il dictum della sentenza Palumbo, alla luce dell'evoluzione giurisprudenziale culminata con la sentenza Ismail.
Se, secondo i dicta di Sezioni Unite Palumbo, era la parte deducente che, per farla ritenere affetta da nullità assoluta, doveva dimostrare l'effettiva inidoneità informativa della notifica effettuata con modalità diverse da quelle prescritte, oggi, alla luce dell'evoluzione giurisprudenziale culminata con la sentenza Ismail, nel caso di notificazione ex art. 161 c.p.p. al difensore di ufficio, tale onere non può più ricadere sulla parte.
Come sopra precisato, infatti, la sentenza Ismail insegna che, ai fini della dichiarazione di assenza, è il giudice che deve verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l'effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l'indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest'ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente allo stesso. Ebbene, tale esonero della parte da uno specifico dovere dimostrativo, sia pure in tema di dichiarazione di assenza, non può non avere rilievo anche rispetto all'operazione di classificazione della nullità, che deve ritenersi assoluta a prescindere dalla dimostrazione, da parte di chi la invoca, della concreta inidoneità informativa della notifica ad esercitare la vocatio in ius.
Calata detta riflessione nel concreto, ne consegue che, pur a fronte di una notifica non omessa, ma solo effettuata in una forma diversa da quella prescritta, essa deve ritenersi affetta da nullità assoluta indipendentemente dalla dimostrazione, a cura della ricorrente, dell'inidoneità della notificazione concretamente effettuata ad informarla della citazione a giudizio.
A questo riguardo va altresì precisato che non si ravvisano, in atti, indici di conoscenza effettiva del procedimento da parte della G. e che il difensore ha segnalato l'assenza di qualsivoglia rapporto con l'imputata, anche dovuta all'assenza di recapiti utili a contattarla.
In conclusione, in mancanza di dati che depongano per l'esistenza di contatti tra imputata e difensore o, comunque, di indicatori di consapevolezza della prevenuta circa l'esistenza del procedimento, l'adozione, nel caso di specie, di un modello notificatorio che non è passato attraverso la consegna a mani proprie dell'imputata del decreto di citazione a giudizio deve ritenersi inidoneo a determinare la conoscenza dell'atto, il che conduce a qualificare come assoluta la nullità determinatasi e, come tale, a reputarla rilevabile e deducibile in qualsiasi stato e grado del procedimento.
3.3. A queste ultime, medesime conclusioni, sia pure attraverso un percorso interpretativo diverso, sono già giunti due precedenti di questa Corte.
Secondo Sez. 5, n. 37185 del 01/07/2019, Della Torre, Rv. 277339, la celebrazione del processo, non ricorrendo le condizioni di cui all'art. 420-bis c.p.p., commi 1 e 2, e senza che il giudice abbia disposto la sospensione ai sensi dell'art. 420-quater c.p.p., determina, in virtù dell'art. 604 c.p.p., comma 5-bis, la nullità della sentenza, equiparabile, quanto al regime di rilevabilità, ad una nullità assoluta, con conseguente obbligo da parte del giudice di appello di restituzione degli atti a quello di primo grado.
Sez. 2, n. 20937 del 6/7/2020 (non massimata) ha convenuto con l'altro arresto circa il regime di deducibilità della nullità (in conclusione, tuttavia, riconducendola non già al comma 5-bis, ma all'art. 604 c.p.p., comma 4), vieppiù osservando che, ove l'eccezione di nullità non si ritenesse sollevabile nel corso di tutto il giudizio, si determinerebbe la conseguenza che, in tali casi, pur a fronte di giudicati formalmente validi, ed anche quindi eseguibili, l'imputato avrebbe certamente diritto alla rescissione del giudicato ex art. 625 ter, oggi 629-bis, c.p.p. Ne discenderebbe un sistema in cui, pur essendovi certezza circa la mancata conoscenza del procedimento, l'eccezione di nullità non potrebbe essere sollevata e dovrebbe attendersi la formazione del giudicato per reagire con i sistemi di impugnazione straordinari.
4. Alla luce delle considerazioni svolte, vanno annullate sia la sentenza di primo grado che quella di appello (peraltro caratterizzata dal medesimo meccanismo di notifica) e, ai sensi dell'art. 623 c.p.p., comma 1, lett. b), gli atti vanno trasmessi al Giudice di primo grado.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella di primo grado emessa nei confronti del ricorrente dal Tribunale di Venezia il 16 febbraio 2018, e dispone trasmettersi gli atti allo stesso Tribunale per l'ulteriore corso.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2021