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Offesa collettiva, diffamazione insussistente (Cass. 3809/18)

26 gennaio 2018, Cassazione penale

Il reato di diffamazione è costituito dall'offesa alla reputazione di una persona determinata e non può essere, quindi, ravvisato nel caso in cui vengano pronunciate o scritte frasi offensive nei confronti di una o più persone appartenenti ad una categoria anche limitata se le persone cui le frasi si riferiscono non sono individuabili.

L'individuazione del soggetto passivo del reato di diffamazione, in mancanza di indicazione specifica e nominativa ovvero di riferimenti inequivoci a fatti e circostanze di notoria conoscenza, attribuibili ad un determinato soggetto, deve essere deducibile, in termini di affidabile certezza, dalla stessa prospettazione oggettiva dell'offesa, quale si desume anche dal contesto in cui è inserita.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

(data ud. 28/11/2017) 26/01/2018, n. 3809

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PALLA Stefano - Presidente -

Dott. SABEONE Gerardo - Consigliere -

Dott. MORELLI Francesca - Consigliere -

Dott. MICCOLI Grazia - rel. Consigliere -

Dott. MOROSINI Elisabetta Maria - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

B.M. nato il (OMISSIS) parte offesa nel procedimento;

c/:

R.F. nato il (OMISSIS);

avverso il decreto del 17/01/2017 del GIP TRIBUNALE di PARMA;

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa GRAZIA MICCOLI;

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, nella persona della Dott.ssa LORI PERLA, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. B.M. ha proposto, per il tramite del suo difensore (munito di procura speciale), ricorso per cassazione avverso il decreto di archiviazione emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Parma nel procedimento contro R.F., indagato per il reato di cui all'art. 595 c.p..

2. Il ricorrente lamenta vizi motivazionali e violazione di legge processuale.

3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

4. E' stata depositata memoria a firma del difensore del ricorrente in replica alle conclusioni rassegnate con la requisitoria del Procuratore Generale.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

1. Così come emerge dagli atti, il ricorrente ha proposto querela in danno di R.F. nella sua qualità di "Capogruppo presso il Consiglio Comunale di Parma del "(OMISSIS)" e pertanto rappresentante dello stesso Movimento politico presso il Comune di Parma e corrispondente zona territoriale" (si veda la premessa dell'atto di querela).

I fatti denunziati riguardano le dichiarazioni rese da R.F., Consigliere regionale della (OMISSIS), durante una trasmissione televisiva intitolata "(OMISSIS)", in onda sul canale locale di "TV (OMISSIS)".

Il R. aveva infatti riferito falsamente di aver querelato e vinto una "causa...con i (OMISSIS)", aggiungendo che esponenti di questo Movimento erano stati condannati.

2. Il Giudice per le indagini preliminari, decidendo sulla richiesta del Pubblico Ministero e sull'opposizione del querelante, ha ritenuto quest'ultima inammissibile per l'insussistenza del reato e, comunque, per difetto di legittimazione alla querela del B..

Nel merito ha quindi osservato che, "stante la genericità delle dichiarazioni dell'indagato, assolutamente non circostanziate, risulta di difficile definizione il soggetto a cui tali dichiarazioni facessero riferimento. Il richiamo a "(OMISSIS)" appare generico e non direttamente riferibile agli esponenti politici del (OMISSIS), potendo lo stesso essere rivolto a semplici simpatizzanti o altri soggetti in qualche modo riconducibili al suddetto movimento su base nazionale.....Ne deriva altresì che non risulta neppure provata la legittimazione del soggetto opponente a proporre querela".

3. La decisione del Giudice per le Indagini preliminari è priva di vizi censurabili in sede di legittimità.

Va premesso che da tempo le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che, nel valutare l'ammissibilità dell'opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero, il giudice è tenuto a verificare se l'opponente abbia adempiuto l'onere, impostogli dall'art. 410 c.p.p., comma 1, di indicare l'"oggetto della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova", con l'esclusione di ogni valutazione prognostica del merito; e, qualora ritenga non sussistenti le condizioni legittimanti l'instaurazione del contraddittorio, a motivare compiutamente circa le ragioni della ritenuta inammissibilità, indipendentemente dall'apprezzamento o meno della fondatezza della notizia di reato, costituendo la delibazione di inammissibilità momento preliminare all'instaurazione del procedimento di archiviazione. Nell'occasione la Corte ha altresì precisato che l'art. 410 c.p.p., comma 2 non richiede che la declaratoria di inammissibilità formi oggetto di autonomo provvedimento rispetto al decreto motivato di archiviazione, essendo configurata esclusivamente come delibazione costituente atto presupposto alla valutazione del merito della richiesta del pubblico ministero (Sez. U, n. 2 del 14/02/1996, p.c. in proc. Testa ed altri, Rv. 20413501).

Si è peraltro precisato che, qualora il giudice per le indagini preliminari abbia dichiarato "de plano" l'inammissibilità dell'opposizione della persona offesa, quest'ultima non può proporre ricorso per cassazione per dedurre difetti di giudizio o di motivazione del provvedimento impugnato, anche in relazione a supposta pretermissione o erronea valutazione delle tesi prospettate dell'opponente, essendo consentita l'impugnazione esclusivamente per censurare il mancato rispetto delle regole poste a garanzia del contraddittorio (Sez. 5, n. 17970 del 26/03/2014, P.O. in proc. c/ Ignoti, Rv. 26286501; precedenti conformi N. 436 del 2003 Rv. 223329, N. 884 del 2006 Rv. 233582, N. 11524 del 2007 Rv. 236520, N. 11524 del 2007 Rv. 236520, N. 52119 del 2014 Rv. 261681).

Con il ricorso in esame la persona offesa opponente ha denunziato solo vizi motivazionali del decreto di archiviazione, lamentando anche il "travisamento dei fatti".

4. Come si è già detto, però, il Giudice per le indagini Preliminari di Parma ha correttamente ritenuto non configurabile il reato di diffamazione e, inoltre, il difetto di legittimazione del B. a presentare la querela.

In proposito vanno richiamati i principi affermati da questa Corte in tema di diffamazione dell'onore o decoro "collettivo".

E' pacifico, invero, che non solo una persona fisica ma anche un'entità giuridica o di fatto, una fondazione, un'associazione o altro sodalizio possa rivestire la qualifica di persona offesa dal reato, essendo concettualmente identificabile un onore o un decoro collettivo, quale bene morale di tutti gli associati o membri, considerati come unitaria entità, capace di percepire l'offesa. (Sez. 5, n. 12744 del 07/10/1998, Faraon ed altro, Rv. 213415). E' difatti concettualmente ammissibile l'esistenza di un onore sociale, collettivo, quale bene morale di tutti i soci, associati, componenti, membri come un tutto unico, capace di percepire l'offesa.

Tuttavia è pure incontroverso che la legittimazione competa anche ai singoli componenti solo se le offese si riverberino direttamente su di essi, offendendo la loro personale dignità (Sez. 5, n. 2886 del 24/01/1992, Bozzoli, Rv. 189901).

Infatti, il reato di diffamazione è costituito dall'offesa alla reputazione di una persona determinata e non può essere, quindi, ravvisato nel caso in cui vengano pronunciate o scritte frasi offensive nei confronti di una o più persone appartenenti ad una categoria anche limitata se le persone cui le frasi si riferiscono non sono individuabili (Sez. 5, n. 51096 del 19/09/2014, Monacò, Rv. 261422).

L'interpretazione giurisprudenziale sul punto è rigorosa, richiedendo che l'individuazione del soggetto passivo del reato di diffamazione, in mancanza di indicazione specifica e nominativa ovvero di riferimenti inequivoci a fatti e circostanze di notoria conoscenza, attribuibili ad un determinato soggetto, deve essere deducibile, in termini di affidabile certezza, dalla stessa prospettazione oggettiva dell'offesa, quale si desume anche dal contesto in cui è inserita (Sez. 5, sentenza n. 2135 del 07/12/1999 Rv. 215476; massime precedenti conformi: n. 6507 del 1978 Rv. 139108; n. 8120 del 1992 Rv. 191312, n. 10307 del 1993 Rv. 195555, n. 18249 del 2008 Rv. 239831).

Come si è visto, nel caso di specie il R., nel riferire di contenziosi e querele contro "(OMISSIS)", ha fatto affermazioni del tutto generiche, indubbiamente caratterizzate da preconcetti e astio politico, ma prive di specifica connessione con l'operato e la figura di soggetti determinati o determinabili o, comunque, identificabili con gli esponenti del Movimento rappresentato dal B. nel territorio di (OMISSIS).

Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che il reato di diffamazione è costituito dall'offesa alla reputazione di una persona determinata e non può essere, quindi, ravvisato nel caso in cui vengano pronunciate o scritte frasi offensive nei confronti di una o più persone appartenenti ad una categoria anche limitata se le persone cui le frasi si riferiscono non sono individuabili (Sez. 5, n. 24065 del 23/02/2016, P.O. in proc. Toscani, Rv. 26686101; Sez. 5, n. 51096 del 19/09/2014, Monacò, Rv. 26142201; Sez. 5, n. 10307 del 18/10/1993 - dep. 15/11/1993, Ramenghi ed altro, Rv. 19555501).

5. In ragione dei suesposti motivi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 28 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2018