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Paese sicuro? No, deportazione in Albania illegittima (Tr. Roma, 42256/24)

18 ottobre 2024, Tribunale di Roma

Mancata convalida dei richiedenti asilo deportati in Albania ai sensi del "Protocollo tra Governo della Repubblica Italiana e il Consiglio dei Ministri della Repubblica d’Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria" se il paese di  provenienza non è Paese di origine sicura: un Paese non può essere designato come sicuro se alcune parti del suo territorio non soddisfano le condizioni sostanziali per tale designazione.

L’assenza del presupposto per l’applicazione della procedura accelerata di frontiera impedisce un legittimo trattenimento nelle strutture indicate dal Protocollo, dovendo quindi il richiedente asilo essere ricondotto in Italia. 

Tribunale Ordinario di Roma - XVIII Sezione Civile

(Sezione specializzata in materia di diritti della persona e immigrazione)

N 42256 R.G. 2024

DECRETO
Il giudice designato,
• letti gli atti,
• udito il trattenuto in videoconferenza,
• preso atto delle deduzioni della Questura e della difesa, osserva quanto segue.
In fatto
1. Il sig. V1, proveniente dal Bangladesh, Stato del quale si dichiara cittadino, è trattenuto in Albania, ai sensi dell’art. 6-bis del d.lgs. n. 142/2015, in relazione alla richiesta di protezione internazionale da lui formulata e allo svolgimento della procedura in frontiera di cui all’art. 28-bis, comma 2, lett. b), del d.lgs. n. 25/2008, ai sensi del Protocollo tra il Governo della Repubblica Italiana e il Consiglio dei Ministri della Repubblica d’Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria (di seguito “Protocollo”), ratificato e reso esecutivo con la legge del 21 febbraio 2024, n. 14, in esecuzione del decreto del Questore di Roma del 16 ottobre 2024, del quale si chiede in questa sede la convalida.
In diritto
Quadro normativo
a. Il Protocollo
2. Appare opportuno richiamare l’art. 4 del Protocollo, il quale, ai primi quattro commi, dispone quanto segue:
1. La Parte italiana può realizzare nelle Aree le strutture indicate nell’Allegato 1. Le Parti concordano che il numero totale di migranti presenti contemporaneamente nel territorio albanese in applicazione del presente Protocollo non potrà essere superiore a 3.000 (tremila).
2. Le strutture di cui al paragrafo 1 sono gestite dalle competenti autorità della Parte italiana secondo la pertinente normativa italiana ed europea. Le controversie che possano nascere tra le suddette autorità e i migranti accolti nelle suddette strutture sono sottoposte esclusivamente alla giurisdizione italiana.
3. Le competenti autorità albanesi consentono l’ingresso e la permanenza nel territorio albanese dei migranti accolti nelle strutture di cui al paragrafo 1, al solo fine di effettuare le procedure di frontiera o di rimpatrio previste dalla normativa italiana ed europea e per il tempo strettamente necessario alle stesse. Nel caso in cui venga meno, per qualsiasi causa, il titolo della permanenza nelle strutture, la Parte italiana trasferisce immediatamente i migranti fuori dal territorio albanese. I trasferimenti da e per le strutture medesime sono a cura delle competenti autorità italiane.
4. L’ingresso dei migranti in acque territoriali e nel territorio della Repubblica di Albania avviene esclusivamente con i mezzi delle competenti autorità italiane. All’arrivo nel territorio albanese, le autorità competenti di ciascuna delle Parti procedono separatamente agli adempimenti previsti dalla rispettiva normativa nazionale e nel rispetto del presente Protocollo.
Il successivo art. 6, ai commi 5 e 6, dispone che:
5. Le competenti autorità italiane adottano le misure necessarie al fine di assicurare la permanenza dei migranti all’interno delle Aree, impedendo la loro uscita non autorizzata nel territorio della Repubblica d’Albania, sia durante il perfezionamento delle procedure amministrative che al termine delle stesse, indipendentemente dall’esito finale.
6. In caso di uscita non autorizzata dei migranti dalle Aree, le autorità albanesi li ricondurranno nelle stesse. I costi derivanti dall’attuazione del presente paragrafo sono sostenuti dalla Parte italiana conformemente all’art. 10, paragrafo 1, del presente Protocollo.
b. La legge di ratifica
3. A sua volta, la legge di ratifica del Protocollo, all’art. 4, comma 1, dispone:
1. Ai migranti di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del Protocollo, si applicano, in quanto compatibili, il Testo Unico di cui al d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, il d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251, il d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, il d.lgs. 18 agosto 2015, n. 142, e la disciplina italiana ed europea concernente i requisiti e le procedure relativi all’ammissione e alla permanenza degli stranieri nel territorio nazionale.
c. L’art. 28-bis d.lgs. n. 25/2008: procedure accelerate di frontiera
4. L’art. 4, comma 3, del Protocollo consente l’ingresso e la permanenza in territorio albanese dei migranti per effettuare le procedure di frontiera o di rimpatrio previste dalla normativa italiana ed europea. Di conseguenza, si rende applicabile l’art. 28-bis del d.lgs. n. 25/2008, che subordina l’applicabilità della procedura accelerata alle condizioni previste dalle lettere b) e b-bis) del comma 2.
5. L’applicabilità della lettera b) presuppone che il richiedente sia stato fermato per aver eluso o tentato di eludere i controlli di frontiera. Tuttavia, le circostanze e modalità di arrivo dei migranti presso le suddette aree, come previste dal Protocollo, escludono l’applicazione della procedura accelerata ai sensi della lett. b), rendendo applicabile solo la lett. b-bis) relativa ai Paesi di origine sicura.
6. Quanto all’applicabilità della lettera b-bis), ancorata alla provenienza da un Paese di origine sicura, la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-406/22 ) del 4 ottobre 2024 ha chiarito che un Paese non può essere designato come sicuro se alcune parti del suo territorio non soddisfano le condizioni sostanziali per tale designazione.
d. Il caso di specie
7. Il Bangladesh, pur essendo considerato un Paese di origine sicura, presenta eccezioni per determinate categorie di persone, tra cui appartenenti alla comunità LGBTQ+, vittime di violenza di genere, minoranze etniche e religiose. Pertanto, alla luce della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, non è possibile considerare il Bangladesh come Paese sicuro per il sig. V1.
8. L’assenza del presupposto per l’applicazione della procedura accelerata di frontiera impedisce un legittimo trattenimento del sig. V1, anche per altre motivazioni addotte nel provvedimento.
9. Le considerazioni esposte costituiscono ragione dirimente per escludere la convalida del trattenimento, assorbendo ogni altro possibile profilo di criticità legato al contesto normativo del trattenimento stesso.
Osservazioni finali
L’insussistenza del presupposto necessario per la procedura di frontiera e per il trattenimento determina l’assenza di un titolo di permanenza del richiedente protezione nelle strutture indicate dal Protocollo. Il giudizio di convalida dei trattenimenti è uno strumento di garanzia dello status libertatis, che deve essere riacquisito in caso di non convalida.
Le prescrizioni del Protocollo, tra cui l’art. 4, comma 3, e l’art. 6, comma 5, stabiliscono che, in caso di mancanza del titolo di permanenza nelle strutture albanesi, il richiedente deve essere trasferito fuori dal territorio albanese e riacquisire la libertà personale mediante conduzione in Italia.
P.Q.M.
Non convalida il trattenimento.
Roma, 18/10/2024
Il giudice ***