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Sentenza nulla e rescissione del giudicato se manca conoscenza effettiva (Cass. 39292/21)

2 novembre 2021, Cassazione penale

Notifiche fatte solo al difensore di ufficio legitimano rescissione del giudicato: la celebrazione del processo in assenza è consentita quando vi è la certezza che l'imputato abbia conoscenza del processo (ovvero allo stesso si sia volontariamente sottratto); in caso contrario il giudice deve disporre la notifica "personalmente ad opera della polizia giudiziaria" e, se la notifica non risulta possibile, deve disporre con ordinanza la sospensione del processo.

E' affetta da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, la sentenza emessa dal giudice di merito che abbia proceduto in assenza dell'imputato senza avere accertato la conoscenza da parte del medesimo del processo a suo carico, in mancanza della prova di rapporti con il difensore d'ufficio, al quale siano stati notificati tutti gli atti del procedimento, ipotesi che risulta essersi chiaramente verificata nella fattispecie in esame

Il sistema è incentrato esclusivamente sulla "effettività" della conoscenza del processo: è illegittima la celebrazione di un processo sulla base del mero riscontro della regolarità formale delle notifiche, indipendentemente da una verifica circa una "effettiva" conoscenza del processo.

Cassazione penale

sez. II, ud. 22 settembre 2021 (dep. 2 novembre 2021), n. 39292
Presidente Diotallevi – Relatore Di Pisa

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza in data 28 Aprile 2021 la Corte di appello di Firenze ha rigettato l'istanza proposta da E.A. e diretta alla rescissione del giudicato di cui alla sentenza del Tribunale di Prato n. 613/17 divenuta irrevocabile, rilevando che dagli atti emergeva la conoscenza del processo da parte dell'imputato dichiarato assente.

2. Contro detto provvedimento il difensore di fiducia del condannato ha proposto ricorso per cassazione deducendo, con due motivi fra loro connessi, vizio di motivazione e violazione di legge processuale. Ha rilevato che secondo quanto risultava dal fascicolo processuale E.A. aveva sottoscritto in data 27/05/2013 verbale di identificazione con nomina di fiducia dell'Avv. Be ed elezione di domicilio presso lo studio di quest' ultimo, il quale in data 5 Settembre 2014 aveva rinunziato al mandato e rifiutato l'elezione di domicilio; poiché il decreto di citazione a giudizio era stato notificato presso detto difensore il 10/09/2014 alla prima udienza, celebrata il giorno 03/11/2014, il giudice aveva disposto la notifica presso il difensore d' ufficio sia in proprio che ex art. 161 c.p.p., comma 4, e dal momento che l'Avv. Be aveva dichiarato che E.A. si trovava ristretto presso il carcere di Sollicciano aveva, altresì, disposto "ricerche affinché si verifichi la fondatezza della notizia ed in caso di rintraccio si provveda alla notifica del decreto di citazione a giudizio oltre che del presente verbale", rinviando all'udienza del 11 Maggio 2015; la notifica del decreto di citazione a giudizio e del verbale era stata effettuata al difensore d' ufficio nominato Avv. Bi sia in proprio che ex art. 161 c.p.p., comma 4, in data 19/11/2014 e successivamente all'udienza del 11 Maggio 2015 era stata dichiarata l'assenza dell'imputato.

Ha osservato che la corte di appello non aveva considerato che, come dichiarato dall'Avv. Be, il condannato era stato effettivamente detenuto presso il carcere di Sollicciano dal 28 Agosto al 21 Novembre 2014 sicché la notifica doveva essere effettuata presso il carcere ed in difetto doveva essere ritenuta nulla. Ha dedotto, quindi, che poiché difettava la prova che E.A. aveva avuto effettiva conoscenza del processo, sulla scorta dei principi fissati da S.U. 23948/2019, l'ordinanza impugnata doveva essere annullata.

Considerato in diritto

1. Il ricorso deve trovare accoglimento per le ragioni appresso specificate.

2. Premesso che, avuto riguardo alle questioni di natura processuale, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all'esame diretto degli atti processuali (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 nonché, da ultimo, Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027, in motivazione), va osservato che dal fascicolo d' ufficio risulta effettivamente che l'imputato aveva eletto domicilio presso l'Avv. Be il quale ha dichiarato di rinunziare al mandato e rifiutato l'elezione di domidlio sicché, dopo una prima notifica al medesimo Avv. Be, la notifica del decreto di citazione a giudizio e del verbale in data 3 Novembre 2014 venivano effettuate presso il difensore d' ufficio indicato nell'Avv. Bi sia in proprio che ex art. 161 c.p.p., comma 4.

Da nessun dato processuale è possibile desumere, poi, che E.A. ebbe effettiva conoscenza del decreto che disponeva il giudizio notificato al difensore d' ufficio, con il quale non risulta che lo stesso abbia mai effettivamente instaurato un rapporto professionale, considerato, peraltro, che alla data della notifica (19/11/2014) lo stesso si trovava detenuto in carcere.

2.1. Osserva la Corte che i giudici di appello hanno respinto l'eccezione proposta dalla difesa, reiterata con il ricorso in esame, limitandosi a constatare la regolarità formale delle notifiche e l'intervenuta elezione di un domicilio risultato "inidoneo", con conseguente operatività del disposto di cui all'art. 161, comma 4 del codice di rito.

Tale rilievo non appare, tuttavia, condivisibile.

Va, in primo luogo, rilevato che le notificazioni effettuate, nei confronti dell'imputato detenuto, presso il domicilio dichiarato od eletto e non nel luogo di detenzione, danno luogo a nullità a regime intermedio, soggetta alla sanatoria prevista dall'art. 184 c.p.p.. (Sez. U -, Sentenza n. 12778 del 27/02/2020 Ud. (dep. 22/04/2020).

Nelle specie la notifica è stata effettuata presso il difensore d' ufficio allorquando l'imputato era detenuto per altra causa sicché non è stato in grado di essere a conoscenza della data del processo.

2.2. Occorre, del resto, considerare che a seguito delle modifiche operate dalla L. 28 aprile 2014, n. 67 (art. 11, comma 6), il processo in absentia, sia nel caso di legittima dichiarazione di assenza dell'imputato ex art. 420 bis c.p.p. sia nel caso della rescissione del giudicato (art. 625 ter c.p.p., norma abrogata dalla L. 23 giugno 2017, n. 203, art. 1, comma 70, che con il comma successivo ha introdotto nell'art. 629 bis), ruota attorno alla "incolpevole" mancata conoscenza da parte dell'imputato dell'esistenza del procedimento o del processo.

Nel complessivo sistema disegnato dal legislatore, che ha soppresso le disposizioni del codice che consentivano il processo contumaciale allo scopo di adeguare l'ordinamento italiano alla normativa internazionale e di evitare ulteriori condanne dell'Italia da parte della Corte EDU, risulta chiaro come la celebrazione del processo in assenza sia consentita quando vi è la certezza che l'imputato abbia conoscenza del processo (ovvero allo stesso si sia volontariamente sottratto); in caso contrario, ai sensi dell'art. 420 quater c.p.p., il giudice deve disporre la notifica "personalmente ad opera della polizia giudiziaria" e, se la notifica non risulta possibile, deve disporre con ordinanza la sospensione del processo. La disposizione, quindi, dimostra come il sistema sia incentrato esclusivamente sulla "effettività" di tale conoscenza. La corte territoriale nel caso in questione ha, nella sostanza, ritenuto legittima la celebrazione di un processo sulla base del mero riscontro della regolarità formale delle notifiche, indipendentemente da una verifica circa una "effettiva" conoscenza del processo in contrasto con quanto disposto dall'art. 604 c.p.p., comma 5 bis, laddove è previsto: "Nei casi in cui si sia proceduto in assenza dell'imputato, se vi è la prova che si sarebbe dovuto procedere ai sensi dell'art. 420 ter o dell'art. 420 quater, il giudice di appello dichiara la nullità della sentenza e dispone il rinvio degli atti al giudice di primo grado. Il giudice di appello annulla altresì la sentenza e dispone la restituzione degli atti al giudice di primo grado qualora l'imputato provi che l'assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione delprocesso di primo grado".

2.3. La conclusione dei giudici di appello è contraria, del resto, alla recente pronunzia delle Sezioni unite della Suprema Corte, nella quale si è evidenziato come i particolari "indici di conoscenza" del processo, indicati nell'art. 420 bis c.p.p., comma 2, non possano essere considerati forme di presunzioni reintrodotte surrettiziamente nè integrano situazioni che, in termini di automaticità, possano rappresentare casi di "volontaria sottrazione" alla conoscenza del processo: detta norma, "nell'ottica di una comprensibile "facilitazione" del compito del giudice, ha tipizzato dei casi in cui, ai fini della certezza della conoscenza della vocatio in ius, può essere valorizzata una notifica che non sia stata effettuata a mani proprie dell'imputato. Letto nel contesto della disposizione, quindi, l'aver eletto domicilio, l'essere stato sottoposto a misura cautelare, aver nominato il difensore di fiducia, sono situazioni che consentono di equiparare la notifica regolare ma non a mani proprie alla effettiva conoscenza del processo. Non si tratta, quindi, di una presunzione che consenta di ritenere conosciuto il processo e non più necessaria la prova della notifica, ma di casi in cui, nelle date condizioni, è ragionevole ritenere che l'imputato abbia effettivamente conosciuto l'atto regolarmente notificato secondo le date modalità" (Sez. U, n. 23948 del 29/11/2019, dep. 2020, Ismail, Rv. 279420).

Con specifico riferimento all'elezione di domicilio presso il difensore di ufficio, le Sezioni unite hanno osservato come la circostanza che essa debba essere "seria" e reale, dovendo essere apprezzabile un rapporto tra il soggetto ed il luogo presso il quale dovrebbero essere indirizzati gli atti, risulti dalla stessa scelta normativa, successiva alla vicenda in esame, che con la L. n. 103 del 2017, ha inserito nell'art. 162 c.p.p. il comma 4 bis: "l'elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio non ha effetto se l'autorità che procede non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l'assenso del difensore dorniciliatario"; la disposizione, quindi, ha inteso ridurre al minimo un tipico ambito di possibili elezioni di domicilio "disattente".

Le Sezioni unite, dunque, hanno affermato il seguente principio di diritto: "La sola elezione di domicilio presso il difensore di ufficio, da parte dell'indagato, non è di per sé presupposto idoneo per la dichiarazione di assenza di cui all'art. 420 bis c.p.p., dovendo il giudice in ogni caso verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata un'effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale dorniciliatario e l'indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest'ultimo abbia conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla conoscenza del procedimento stesso" (Sez. U, n. 23948 del 29/11/2019, dep. 2020, Darwish, Rv. 279420), principio applicabile precedentemente all'introduzione dell'art. 162 c.p.p., comma 4 bis, ad opera della L. n. 103 del 2017 (come nel caso in esame).

Nella stessa pronuncia si è osservato che "la manifesta mancanza di diligenza informativa, la indicazione di un domicilio falso, pur se apparentemente valido ed altro, potranno essere circostanze valutabili nei casi concreti, ma non possono essere di per sé determinanti, su di un piano solo astratto, per potere affermare la ricorrenza della "volontaria sottrazione": se si esaspera il concetto di "mancata diligenza" sino a trasformarla automaticamente in una conclamata volontà di evitare la conoscenza degli atti, ritenendola sufficiente per fare a meno della prova della consapevolezza della vocatio in ius per procedere in assenza, si farebbe una mera operazione di cambio nome e si tornerebbe alle vecchie presunzioni, il che ovviamente è un'operazione non consentita".

2.4. Deve, allora, ritenersi affetta da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, la sentenza emessa dal giudice di merito che abbia proceduto in assenza dell'imputato senza avere accertato la conoscenza da parte del medesimo del processo a suo carico, in mancanza della prova di rapporti con il difensore d'ufficio, al quale siano stati notificati tutti gli atti del procedimento, ipotesi che risulta essersi chiaramente verificata nella fattispecie in esame.

3. Il provvedimento impugnato deve essere, pertanto, annullato senza rinvio. Va, quindi, disposta la revoca la sentenza n. 613/17 del Tribunale di Prato nei confronti di E.A. e ne va sospesa l'esecuzione, con trasmissione degli atti al Tribunale di Prato per nuovo giudizio.

P.Q.M.

annulla senza rinvio il provvedimento impugnato, revoca la sentenza n. 613/17 del Tribunale di Prato nei confronti di E.A. , ne sospende l'esecuzione e trasmette gli atti al Tribunale di Prato per nuovo giudizio.