In tema di rescissione del giudicato, il termine di trenta giorni per la presentazione della relativa richiesta decorre, non già dal momento in cui il condannato ha avuto compiuta conoscenza degli atti del processo e della sentenza conclusiva, bensì da quello in cui lo stesso ha avuto conoscenza del procedimento.
D'altronde, quel che deve provare, onde ottenere la rescissione del giudicato, è l'incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo, e dunque del fatto che un processo, al di là degli specifici accertamenti in esso compiuti, si sia tenuto.
Non occorre, affinchè il termine di proposizione della richiesta decorra, che il condannato abbia conoscenza compiuta degli atti del processo e della sentenza conclusiva, perchè la legge ciò non richiede.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
(ud. 20/05/2021) 28-07-2021, n. 29592
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAMACCI Luca - Presidente -
Dott. DI STASI Antonella - Consigliere -
Dott. SEMERARO Luca - rel. Consigliere -
Dott. ANDRONIO Alessandro M. - Consigliere -
Dott. ZUNICA Fabio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
C.A., nato a (OMISSIS);
avverso l'ordinanza del 14/01/2021 della CORTE APPELLO di ROMA;
udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA SEMERARO;
lette le conclusioni del PG;
Il PG chiede l'annullamento con rinvio.
Svolgimento del processo
1. Con l'ordinanza del 14 gennaio 2021 la Corte di appello di Roma ha dichiarato inammissibile, ex art. 629 bis c.p.p., perchè proposta oltre il termine di 30 giorni dalla conoscenza del procedimento, l'istanza di rescissione del giudicato relativo alla sentenza n. 925/2019, irrevocabile il 17 settembre 2019, con cui C.A. è stato condannato alla pena di 2 anni e 6 mesi di reclusione in ordine ai reati D.Lgs. n. 74 del 2000, ex artt. 5 e 10.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato.
2.1. Si deducono ex art. 606 c.p.p., lett. b), c) ed e), l'inosservanza e/o erronea applicazione dell'art. 629 bis c.p.p., anche in relazione all'art. 11 Cost., art. 24 Cost., comma 2, artt. 111 e 117 Cost., quest'ultimo in riferimento all'art. 6 Cedu, nell'interpretazione offerta dalla Corte di Strasburgo, per avere la Corte di appello di Roma dichiarato l'inammissibilità dell'istanza di rescissione del giudicato per tardività, assumendo quale dies a quo ai fini della decorrenza del termine di 30 giorni per la proposizione, la data della notifica dell'ordine di esecuzione (7 dicembre 2019) e non il momento coincidente con l'accesso al fascicolo del Tribunale di Velletri da parte del difensore, avvenuto il 10 dicembre 2020, come dimostrato dall'allegata attestazione del funzionario di cancelleria.
2.2. Si deduce altresì che la motivazione sia apparente nella parte in cui non avrebbe spiegato l'irrilevanza della nullità assoluta della notifica del decreto di citazione a giudizio, mai rilevata nel corso del procedimento, che avrebbe comportato la celebrazione del processo in assenza per incolpevole mancata conoscenza dello stesso da parte dell'imputato, che sarebbe emersa solo al momento dell'accesso al fascicolo dibattimentale.
2.3. La motivazione sarebbe poi manifestamente contraddittoria laddove da un lato rimarca l'onere imposto al condannato di provare che l'assenza sia stata determinata da un'incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo - in contrasto con la ratio della norma alla luce dei principi di cui agli artt. 24 e 111 Cost., ed affermati dalla Corte di Strasburgo in materia di equo processo e con la disciplina "Eurounitaria" sancita dalla direttiva 2016/343/UE del 9 marzo 2016 - e dall'altro assume che la decorrenza del termine coincida con la mera consegna di un atto (quale l'ordine di esecuzione) privo dei necessari contenuti informativi in ordine alle modalità di celebrazione del procedimento.
2.4. Si eccepisce poi l'illegittimità costituzionale dell'art. 629 bis c.p.p., comma 2, per contrasto con gli artt. 24, 111 e 117 Cost., quest'ultimo in riferimento all'art. 6 Cedu, nella parte in cui - addossando a carico del condannato l'onere di dimostrare che l'assenza sia dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza del processo - stabilisce la decorrenza del termine di 30 giorni per la presentazione dell'istanza, previsto a pena di inammissibilità, dalla "conoscenza del procedimento" anzichè dalla conoscenza del vizio procedurale che ha determinato l'incolpevole mancata partecipazione al processo.
2.5. Inoltre, si eccepisce l'illegittimità costituzionale dell'art. 656 c.p.p., per contrasto con l'art. 24 Cost., nella parte in cui non prevede che nell'ordine di esecuzione per la carcerazione debba essere contenuto l'avviso della decorrenza del termine di 30 giorni dalla notifica dello stesso per la proposizione della richiesta di rescissione del giudicato.
Motivi della decisione
1. Il ricorso per cassazione è manifestamente infondato.
1.1. Ai sensi dell'art. 629 bis c.p.p., il condannato o il sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo, può ottenere la rescissione del giudicato qualora provi che l'assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo.
Come chiarito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 36848 del 17/07/2014, Burba, Rv. 259990 - 01, la rescissione del giudicato è un mezzo di impugnazione che si applica solo ai procedimenti nei quali è stata dichiarata l'assenza dell'imputato a norma dell'art. 420 bis c.p.p., e che presuppone la prova positiva da parte del ricorrente che l'assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo.
1.2. La Corte di appello ha correttamente applicato il costante orientamento della giurisprudenza per cui, in tema di rescissione del giudicato, il termine di trenta giorni per la presentazione della relativa richiesta decorre, non già dal momento in cui il condannato ha avuto compiuta conoscenza degli atti del processo e della sentenza conclusiva, bensì da quello in cui lo stesso ha avuto conoscenza del procedimento.
1.3. Lo stesso caso - relativo alla decorrenza del termine ex art. 629 bis c.p.p., dalla notifica dell'ordine di esecuzione e non, come sostenuto dalla difesa, dal giorno in cui sia stato effettuato l'accesso agli atti presso la cancelleria competente dal difensore di fiducia - è stato deciso da Sez. 1, n. 32267 del 30/10/2020, Scimone, Rv. 279994 che ha affermato la correttezza della decisione che aveva fatto decorrere il termine ex art. 629 bis c.p.p., comma 2, dalla notifica dell'ordine di esecuzione.
1.4. Secondo quanto previsto dall'art. 629 bis c.p.p., il condannato in assenza può ottenere la rescissione del giudicato a condizione che presenti la relativa richiesta nel termine, posto a pena di inammissibilità, di trenta giorni che decorre dal momento in cui il condannato ha avuto conoscenza del procedimento.
Il riferimento alla conoscenza del procedimento, e non già del provvedimento divenuto irrevocabile, è sicuro indice del fatto che il termine inizia a decorrere pur quando l'interessato non abbia una compiuta conoscenza dei contenuti del provvedimento da rescindere.
D'altronde, quel che deve provare, onde ottenere la rescissione del giudicato, è l'incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo, e dunque del fatto che un processo, al di là degli specifici accertamenti in esso compiuti, si sia tenuto.
Non occorre, affinchè il termine di proposizione della richiesta decorra, che il condannato abbia conoscenza compiuta degli atti del processo e della sentenza conclusiva, perchè la legge ciò non richiede.
1.5. La manifesta infondatezza della prima questione di legittimità costituzionale dedotta sta nella circostanza che se si affidasse al concreto svolgimento dell'attività difensiva la decorrenza del termine per la presentazione dell'istanza di rescissione del giudicato, previsto pena di inammissibilità, la decorrenza iniziale del termine sarebbe del tutto priva della necessaria certezza e dipenderebbe dal compimento di attività discrezionali.
1.6. Le contestazioni relative alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo sono del tutto infondate. Il rimedio ripristinatorio previsto dal legislatore consente ampiamente l'esercizio del diritto di difesa del condannato in absentia condannato che nel caso de quo aveva eletto domicilio ex art. 161 c.p.p. - concedendo il termine di 30 giorni per la proposizione dell'istanza.
1.7. Per altro, nel caso in esame, quale ulteriore argomento dell'irrilevanza della questione dedotta, la Corte di appello ha verificato che in concreto la notifica dell'ordine di esecuzione contenesse tutti gli elementi dimostrativi dell'esistenza del procedimento: l'ordine di esecuzione riporta gli estremi della sentenza, del Tribunale che l'ha emessa, la condanna inflitta, la Procura della Repubblica procedente. Elementi per altro significativi proprio dell'avvenuta celebrazione del processo.
1.8. Manifestamente infondata è anche la seconda questione di legittimità costituzionale proposta, perchè la rescissione del giudicato è un mezzo straordinario di impugnazione ed il termine non può essere collegato all'esistenza del vizio.
1.9. Manifestamente infondato è il motivo sul vizio della motivazione, non essendo la Corte di appello entrata nel merito avendo dichiarato l'inammissibilità per l'omesso rispetto del termine per la presentazione dell'istanza.
1.10. Manifestamente infondata è anche l'ultima questione di legittimità dedotta che sarebbe volta ad una pronuncia additiva, per altro in mancanza di altro elemento di comparazione.
2. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2021