L'effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all'accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium, sicché non può desumersi dalla mera dichiarazione o elezione di domicilio operata nella fase delle indagini preliminari.
Nel caso di sopravvenuta impossibilità di notifica al domicilio eletto o dichiarato, la notifica della vocatio in iudicium, effettuata ai sensi dell'art. 161 c.p.p., comma 4, in quanto eseguita in luogo diverso dal domicilio indicato, non consente di ritenere la sicura conoscenza del procedimento da parte dell'imputato.
Corte di Cassazione
sez. I penale ud. 11 ottobre 2022 (dep. 15 novembre 2022), n. 43392
Presidente Mogini – Relatore Rocchi
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, il Giudice di Pace di Roma dichiarava D.S.M.W. colpevole del delitto di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, commi 5 bis e 5 ter, e lo condannava alla pena di Euro 10.000 di multa. Secondo il Giudice, alla luce della documentazione in atti, la responsabilità dell'imputato risultava provata Le attenuanti generiche venivano negate per i precedenti penali dell'imputato.
2. Ricorre per cassazione il difensore di D.S.M.W., deducendo violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla richiesta di applicazione del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 34.
La difesa aveva chiesto l'applicazione della norma, alla luce dell'esiguità del danno e dell'occasionalità del comportamento, ma il Giudice non aveva fornito alcuna motivazione sul punto.
In un secondo motivo il ricorrente deduce violazione di norma processuale.
Il ricorrente impugna la dichiarazione di assenza dell'imputato adottata all'udienza del 10/3/2022. In effetti, l'elezione di domicilio effettuata dall'imputato non conteneva alcun riferimento ad un possibile futuro procedimento, non essendo indicata nè la notizia di reato, nè la Procura della Repubblica competente. Si trattava, quindi, di elezione di domicilio invalida, con conseguente nullità della notifica del decreto di citazione a giudizio effettuata ai sensi dell'art. 161 c.p.p., comma 4.
In un terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell'art. 420 bis c.p.p., mancanza di motivazione della dichiarazione di assenza alla luce della mancata conoscenza del procedimento e dell'assenza di contatti con il difensore d'ufficio, con conseguente irrilevanza della sottoscrizione dell'atto da parte dell'imputato.
Il ricorrente rileva che la conoscenza dell'esistenza del procedimento penale da parte dell'imputato non poteva essere desunta dall'elezione di domicilio, effettuata nell'immediatezza dell'accertamento del reato, nè dall'atto ad iniziativa della polizia giudiziaria in data precedente all'iscrizione del nome dell'indagato nel registro delle notizie di reato. Sulla base di quanto stabilito dalle Sezioni Unite, la notifica del decreto di citazione a giudizio effettuata ai sensi dell'art. 161 c.p.p., comma 4, benché formalmente valida, è inidonea alla dichiarazione di assenza che, quindi, deve ritenersi nulla.
Il ricorrente conclude per l'annullamento della sentenza impugnata.
Considerato in diritto
Il terzo motivo di ricorso è fondato ed assorbente.
Le Sezioni Unite hanno definitivamente statuito in ordine ai presupposti necessari per la dichiarazione di assenza dell'imputato, stabilendo che, ai fini della dichiarazione di assenza, non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio, da parte dell'indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l'effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l'indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest'ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa (Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, Rv. 279420).
D'altro canto, le Sezioni Unite, Innaro, sia pure provvedendo sulla richiesta di restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale, avevano già affermato che l'effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all'accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium sicché tale non può ritenersi la conoscenza dell'accusa contenuta nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, fermo restando che l'imputato non deve avere rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione oppure non deve essersi deliberatamente sottratto a tale conoscenza (Sez. U, n. 28912 del 28/02/2019, Innaro, Rv. 275716 - 01).
Nel caso di specie, non vi era stata elezione di domicilio presso lo studio del difensore d'ufficio (come nel caso valutato dalle Sezioni Unite, Ismail), ma presso un luogo risultato inidoneo, con conseguente esecuzione della notifica del decreto di citazione a giudizio ai sensi dell'art. 161 c.p.p., comma 4, presso lo studio del difensore d'ufficio, con il quale l'imputato non aveva avuto alcun contatto.
Ciò fornisce certezza in ordine alla mancata conoscenza da parte dell'imputato della vocatio in iudicium, anche tenendo conto che l'elezione di domicilio era stata effettuata nel corso delle indagini preliminari, come rimarcato dal ricorrente nel secondo motivo.
Questa Corte, sia pure pronunciando in tema di rescissione del giudicato, ha ribadito anche dopo la sentenza Sez. U, Ismail che l'effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all'accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium, sicché non può desumersi dalla mera dichiarazione o elezione di domicilio operata nella fase delle indagini preliminari, quando ad essa non sia seguita la notifica dell'atto introduttivo del giudizio in detto luogo, ancorché a mano di soggetto diverso dal destinatario, ma comunque legittimato a ricevere l'atto. Nel caso di sopravvenuta impossibilità di notifica al domicilio eletto o dichiarato, la notifica della vocatio in iudicium, effettuata ai sensi dell'art. 161 c.p.p., comma 4, in quanto eseguita in luogo diverso dal domicilio indicato, non consente di ritenere la sicura conoscenza del procedimento da parte dell'imputato (Sez. 6, n. 21997 del 18/06/2020, Cappelli, Rv. 279680).
La conoscenza del contenuto della vocatio in iudicium non può essere presunta, nè legale, ma deve essere effettiva e, quindi, la precedente elezione di domicilio, nonostante la previsione dell'art. 420 bis c.p.p., non legittima la dichiarazione di assenza se tale conoscenza non è certa.
La sentenza Sez. 6, Cappelli, sottolinea esattamente che "la presunzione relativa di conoscenza, che le stesse Sezioni Unite fanno derivare dalle situazioni tipizzate dall'art. 420 bis c.p.p., con specifico riguardo all'ipotesi della dichiarazione-elezione di domicilio, opera soltanto nel caso in cui la notificazione della vocatio in iudicium sia avvenuta presso il domicilio indicato, ancorché non a mani del destinatario bensì di altro soggetto legittimato a ricevere l'atto (familiare convivente, portiere dello stabile, collaboratore domestico, dipendente e così via): soltanto in questo caso, infatti, in ragione della stretta relazione intercorrente tra l'imputato e colui che, per esso, ha ricevuto l'atto, è ragionevole presumere che il primo ne sia venuto a conoscenza, sì da ritenere giustificato l'onere, a suo carico, di dimostrare il contrario. Non altrettanto dicasi, invece, qualora, a mente dell'art. 161 c.p.p., comma 4, per la sopravvenuta impossibilità di notificazione di tale atto nel domicilio eletto o dichiarato, la stessa venga effettuata presso il difensore, di fiducia o d'ufficio che sia: in tal caso, infatti, la notificazione risulta eseguita pur sempre in un luogo diverso da quel domicilio.
Ciò non vuol dire, ovviamente, che la disposizione dell'art. 161, comma 4, cit., debba intendersi tamquam non esset: essa, infatti, rimane pur sempre la regola generale, nelle ipotesi ivi stabilite, per la notificazione di tutti gli atti del procedimento e del processo diversi dalla vocatio in iudicium.
Per quest'ultima, invece, considerando la sua funzione essenziale ai fini dell'esercizio del potere giurisdizionale e punitivo dello Stato nei confronti del cittadino, una notificazione così eseguita, quantunque formalmente regolare, non può dirsi satisfattiva dell'ineludibile esigenza di certezza della compiuta conoscenza del processo da parte dell'accusato".
Pertanto, anche se non può ritenersi nulla la notifica all'imputato del decreto di citazione effettuata ai sensi dell'art. 161 c.p.p., comma 4, mediante la consegna al difensore d'ufficio, tale notifica non è sufficiente per una dichiarazione di assenza che, pertanto, è nulla. In effetti, in aggiunta alla regolarità formale delle notifiche che precedono l'instaurazione del giudizio, il giudice deve verificare l'ulteriore requisito inerente alla effettiva conoscenza del processo (Sez. 6, n. 19420 del 05/04/2022, Belay, Rv. 283264 - 01).
La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio al Giudice di Pace di Roma che provvederà a rinnovare la notifica della citazione con modalità che garantiscano l'effettiva conoscenza della vocatio in iudicium da parte dell'imputato e, in caso di impossibilità, disporrà la sospensione del processo ai sensi dell'art. 420 quater c.p.p..
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Giudice di Pace di Roma in diversa persona fisic