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Rescissione del giudicato nonostante elezione di domicilio e nomina fiduciaria (Cass. 25528/22)

3 giugno 2022, Cassazione penale

Elezione di domicilio presso un familiare e nomina di un difensore di fiducia se rese nell'ambito del procedimento, senza alcuna contezza del successivo sviluppo processuale, non impediscono la rescissione del giudicato.

E' facoltà del ricorrente di depositare "ratione temporis", tramite il difensore di fiducia nominato procuratore speciale, l'istanza volta alla rescissione del giudicato attraverso lo strumento digitale della p.e.c..

 

Corte di Cassazione

Sez. 2 penale Num. 25528 Anno 2022
Presidente: RAGO GEPPINO
Relatore: PERROTTI MASSIMO
Data Udienza: 03/06/22 

RITENUTO IN FATTO

La Corte d'appello di Trieste, con l'ordinanza impugnata, ha rigettato la richiesta di rescissione del giudicato formulata nell'interesse del condannato  SA (reato di ricettazione, sentenza del tribunale di Udine in data 11 gennaio 2019, irrevocabile il 12 aprile 2019, condanna ad anni due di reclusione ed euro 800,00 di multa), che aveva dedotto l'incolpevole mancata conoscenza del processo celebrato libero pede in sua assenze, giacché la vocatio in iudicium per quella contestazione e tutte le successive notifiche di quel processo erano state indirizzate al domicilio eletto presso la madre e, riscontrata la inidoneità del detto domicilio, presso il difensore di ufficio domiciliatario ex lege, ai sensi dell'art. 161, comma 4, cod. proc. pen. (verbale CC, Stazione di Aiello del Friuli, del 27 dicembre 2016 di identificazione della persona indagata, elezione di domicilio e nomina difensore), senza che l'imputato avesse con questi intrattenuto alcuna forma di contatto professionale per l'intera durata del processo.  

La Corte d'appello ha preliminarmente delibato la inammissibilità formale della istanza, ai sensi dell'art. 629 bis, comma 2, cod. proc. pen., giacché proposta a mezzo posta con racc.ta e non con deposito dell'atto nella Cancelleria della Corte di appello competente (Sez. U. n. 36848 del 17/7/2014, Rv. 259990; Sez. 5, n. 23075 del 3/3/2021, Rv. 281216), unica modalità prevista dalla norma processuale speciale rispetto alla disciplina ordinaria delle impugnazioni.

Nel merito della doglianza ha messo in rilievo che la elezione di domicilio e la nomina del difensore di fiducia, in un atto in cui si dava conto dell'esistenza del procedimento penale a carico dell'indagato, costituiva presupposto idoneo per la celebrazione del giudizio in assenza dell'imputato ai sensi dell'art. 420 bis cod. proc. pen.; l'imputato, avuta conoscenza del procedimento, aveva comunque l'onere di attivarsi per mantenere i contatti con il proprio difensore di fiducia e per verificare che il domicilio eletto fosse idoneo (..) funzione da lui stesso scelta; escludeva, ancora, la Corte che alcun onere di nuove ricerche dell'imputato gravasse sull'ufficio, una volta eletto domicilio presso la madre e nominato il difensore di fiducia nel corso delle indagini preliminari.

Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione il difensore e procuratore speciale del condannato [Avv. Nicola Canestrini], deducendo i motivi in appresso sinteticamente indicati, secondo quanto prescrive l'art. 173, comma 1, cod. proc. pen.:

1. Vizio esiziale di motivazione per mancanza ed inosservanza della legge processuale (artt. 24, comma 6 bis e 6 decies del d.l. 137/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 176/2020, applicabile ratione temporis alla fattispecie);

1.1. avendo la Corte stimato inammissibile l'istanza trasmessa (in copia cartacea) a mezzo posta, laddove l'istanza volta alla rescissione del giudicato era stata trasmessa e depositata presso la Cancelleria del giudice competente per la impugnazione secondo la normativa in allora vigente, che consentiva ed anzi incoraggiava (per le note ragioni di emergenza sanitaria) il deposito delle impugnazioni per via telematica; del resto, di tale tempestivo e rituale deposito, veicolato dalla trasmissione a mezzo p.e.c. (attestata anche dalla produzione allegata ai motivi di ricorso) era chiaro cenno anche nella copia trasmessa a mezzo posta; la Corte ha quindi delibato la inammissibilità della istanza senza punto avvedersi della rituale e tempestiva trasmissione della stessa con gli strumenti indicati espressamente dal legislatore emergenziale;

1.2. violazione della legge processuale e motivazione manifestamente illogica in riferimento agli artt. 629 bis e 420 bis, cod. proc. pen., per la valutazione operata dalla Corte circa i presupposti di fatto e le condizioni in diritto della dedotta incolpevole mancata conoscenza del processo. La Corte territoriale argomenta dalla nomina del difensore di fiducia e dalla elezione di domicilio presso la madre effettuate in occasione del primo incontro procedimentale con la
polizia giudiziaria, la sicura conoscenza della pendenza del futuro processo, laddove nulla l'imputato ha saputo dell'atto di esercizio dell'azione penale e della conseguente vocatio in iudicium oltre che dlell'iter processuale che ne è seguito, attesa la dimostrata assenza di ogni contatto con il difensore, peraltro erroneamente ritenuto di fiducia, in quanto indicato di ufficio sia nel decreto di citazione a giudizio che nei verbali di udienza dibattimentale; la Corte ha dunque omesso ogni dovuto approfondimento istruttorio al fine di investigare la reale volontà dell'allora imputato di sottrarsi al processo secondo una scelta volontaria, consapevole ed informata.

1.3. ancora i medesimi vizi sono dedotti in ragione del difetto di un dimostrato effettivo rapporto con il difensore presente in giudizio, ricorrendo peraltro evidenti elementi per ritenere che il difensore fosse presente quale difensore di ufficio e giammai di fiducia;

1.4. evidente inidoneità del domicilio eletto presso la madre, in assenza di ogni effettiva corrispondenza con la genitrice, atteso anche l'esito della notifica del decreto di citazione a giudizio;

1.5. erronea valorizzazione della conoscenza della pendenza di una mera fase procedimentale, dalla quale non può presumersi la traslazione logica della conoscenza anche del processo (Sez. U. n. 23948/2020, Darwish; Sez. 5, n. 31201, del 15/9/2020);

1.6. in subordine, questione di legittimità costituzionale, per contrasto dell'art.629 bis, come interpretato, con gli articoli 24, 111, 117 della Costituzione e 6 CEDU.

2. Il ricorrente ha dunque concluso per l'annullamento della ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Trieste per nuova valutazione degli elementi, diversi dalla mera elezione di domicilio e dalla nomina del difensore, da cui desumere la certa conoscenza in capo all'imputato del processo pendente a suo carico per il reato di ricettazione.

 CONSIDERATO IN DIRITTO

 Il ricorso è fondato.

1.    Deve innanzitutto riconoscersi l'ineccepibile facoltà del ricorrente di depositare "ratione temporis", tramite il difensore di fiducia nominato procuratore speciale, l'istanza volta alla rescissione del giudicato attraverso lo strumento digitale della p.e.c..

In tal senso il chiaro disposto dell'art. 24 dl. 137/2020, modificato a seguito della conversione avvenuta ad opera della legge 18 dicembre 2020, n. 176.

Ed invero, l'art. 24, comma 4, del d.l. 137/2020, come modificato in sede di conversione, prevede che, «per tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2, fino alla scadenza del termine di cui all'articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, è consentito il deposito con valore legale mediante invio dall'indirizzo di posta elettronica certificata inserito nel Registro generale degli indirizzi certificati di Clii all'articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44 [...] effettuato presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari ed indicati in apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati, pubblicato nel portale dei servizi telematici». Il successivo comma 6-quinquies -introdotto ancora dalla legge di conversione- prevede espressamente che, alle condizioni di cui ai commi 6-bis, 6-ter e 6-quater del medesimo articolo, il deposito a mezzo PEC si applica «a tutti gli atti di impugnazione, comunque denominati, e, in quanto compatibili, alle opposizioni di cui agli articoli 410, 461 e 667, comma 4, del codice di procedura penale e aireclami giurisdizionali previsti dalla legge 26 luglio 1975, n. 354».

 Il successivo comma 6 - decies prevede che «le disposizioni di cui ai commi da 6 - bis a 6 – novies si applicano agli atti di impugnazione di qualsiasi tipo, agli atti di opposizione e ai reclami giurisdizionali proposti successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Fino alla suddetta data conservano efficacia gli atti d'impugnazione di qualsiasi tipo, gli atti di opposizione e i reclami giurisdizionali in formato elettronico, sottoscritti digitalmente, trasmessi a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto alla casella di posta elettronica certificata del giudice competente, ai sensi del comma 4».

La dichiarata inammissibilità è stata dunque frutto di un evidente errore percettivo della Corte territoriale, che non si è avveduta (ancorché la circostanza fosse chiaramente indicata nella copia cartacea del ricorso trasmesso a mezzo posta) della perfetta ritualità del deposito della istanza, in ragione della normativa emergenziale in allora vigente.

 Nel merito della dedotta ignoranza del processo pendente a suo carico, come già affermato di recente, anche da questa stessa sezione della Corte (Sez. 2, n. 2400, del 23710/2020, Eramosele, dep. 2021, n.nn.; Sez. 2, n. 29702 del 16/9/2020, Alò, n. m.; Sez. 2, n. 33623 del 10/9/2020, Drissi, n. m.; Sez. 2 n. 26105 del 16/7/2020, n. m.), la connessione logica e funzionale tra il processo in assenza e il rimedio ripristinatorio previsto dall'art. 629 bis, cod. proc. pen. (volto a rimediare all'erronea valutazione, eventualmente avvenuta in sede di dichiarazione di assenza, o a far emergere condizioni obiettive che, pur in presenza dei casi tipizzati dall'art. 420 bis cod. proc. pen., hanno di fatto impedito la conoscenza effettiva del processo) «impone di adottare le medesime regole di apprezzamento della conoscenza del processo da parte dell'imputato, su cui grava l'onere di dedurre l'esistenza dei presupposti per attivare il rimedio previsto dall'art. 629 bis cod. proc. pen.» (Sez. 2 n. 33623/2020, cit.), così come fissate dalle Sezioni unite (n. 23948 del 28/11/2019 dep. 2020, Ismail, Rv. 279420), che hanno enunciato il principio di diritto secondo il quale «ai fini della dichiarazione di assenza non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio, da parte dell'indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri e le m enti, che vi sia stata l'effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l'indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest'ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa». Principio in qualche modo conseguente al precedente affermato, con riferimento alla diversa prospettiva processuale della "vecchia" rimessione in termini, da Sez. U. n. 28912, del 28/2/2019 (ric. Innaro, Rv. 275716).

 2.1. Ebbene, pur volendo prescindere dalla non dirimente emigrazione all'estero realizzata prima dell'atto di esercizio dell'azione penale, è certo che l'atto di elezione di domicilio presso la madre, così come la nomina di un difensore di fiducia (successivamente indicato negli atti della giurisdizione come difensore di ufficio) ebbero luogo nell'ambito del procedimento, senza alcuna contezza del successivo sviluppo processuale. L'elemento di ipotizzabile conoscenza del futuro processo (per un reato che, peraltro, non costituiva titolo detentivo e per il quale neppure si procedeva con rito di massima celerità) evidenziato dalla Corte territoriale, oltre ad essere di per sé equivoco, non appare comunque idoneo al fine di ritenere che l'imputato avesse stabilito, in quel futuro processo ordinario, un effettivo contatto con il difensore (espressamente qualificato di ufficio dalla giurisdizione) e si colloca comunque in una fase precedente a quella della vocatio in iudicium; in ogni caso, l'assenza di elementi obiettivi di conoscenza da parte dell'imputato in ordine all'esistenza del giudizio si apprezzano anche per la equivocità della indicazione del titolo che sosteneva la dife.sa del ricorrente, in allora imputato.

 Nessun concreto elemento dirimente collega comunque il difensore all'imputato, né può ritenersi tale la dichiarazione del difensore di adesione alla astensione dalle udienze proclamata dell'organismo di categoria, che non presuppone all'evidenza alcun contatto con l'assistito.

 3. In ragione delle considerazioni che precedono, e in difetto di elementi obiettivi in grado di dimostrare l'effettiva conoscenza del processo da parte del ricorrente, il ricorso va accolto. L'ordinanza impugnata dev'essere annullata senza rinvio, poiché emessa in violazione di legge, consegue la rescissione del giudicato di condanna, con le conseguenti determinazioni in tema di esecuzione della sanzione.

 3.1. Poiché il ricorrente si trova in stato di detenzione anche in esecuzione di quest'ultima sentenza, da tale situazione processuale deriva, altresì, l'applicabilità della disciplina della sospensione dell'esecuzione nell'ipotesi di rescissione del giudicato, con il conseguente ordine di immediata liberazione dell'interessato, se non detenuto per altra causa (Sez. F, n. 35981 del 25/08/2015, Meoli, Rv. 264548; Sez. 2, n. 2400 del 23/10/2020, Eramosele).

 3.2. La presente decisione va comunicata al Procuratore generale ai sensi dell'art. 626 cod. proc. pen., in quanto tale disposizione processuale, ancorché dettata per l'ipotesi di cessazione della misura cautelare, ovvero di una pena accessoria o di una misura di sicurezza, deve ritenersi applicabile alle altre ipotesi di cessazione di una condizione di restrizione della libertà personale (Sez. 1, n. 54913, del 26/1/2016, Rv. 268483).

  P.Q.M.

 annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e, per l'effetto, revoca la sentenza n 60 emessa dal tribunale di Udine in data 11/01/2019 nei confronti di  S. Arcadie, ne sospende l'esecuzione e dispone la trasmissione degli atti al tribunale di Udine per l'ulteriore corso. Dispone l'immediata liberazione del ricorrente, se non detenuto o agli arresti domiciliari per altra causa. Manda alla cancelleria per l'immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell'art. 626 cod. proc. pen.. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3 giugno 2022