Calunnia e diffamazione spesso vengono confusi: ecco i principali tratti caratterizzanti dei due reati, che possono entrambi comportare una condanna penale e l'obbligo al risarcimento dei danni.
In breve:
- le "maledicenze" dette alle spalle costituiscono una diffamazione (art. 595 c.p.), mentre
- perchè si possa parlare di calunnia (art. 368 c.p.) ci deve essere una accusa di un vero e proprio reato resa formalmente davanti a pubblici ufficiali.
1. La diffamazione
Chiunque, fuori dei casi di ingiuria, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la pena pecuniaria della multa da euro 258 a euro 2.582.
Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena consiste nella pena pecuniaria della multa da euro 258 a euro 2.582 o la pena della permanenza domiciliare da sei giorni a trenta giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da dieci giorni a tre mesi.
Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico , la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.
(art. 595 Codice Penale e articolo 52 , comma 2, lettera a), D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274)
Il bene giuridico tutelato dal reato di diffamazione è la reputazione, intesa come l'opinione sociale dell'onore di una persona, la stima diffusa nell'ambiente sociale, insomma: ciò che gli altri pensano di una persona.
Perché ci possa essere un procedimento penale e la condanna, è necessario procedere con la istanza di punizione avanti lautorità giudiziaria (cd. "querela") entro 3 mesi (non .. 90 giorni) da quando la vittima ha conoscenza certa del fatto.
1.1 Requisiti del reato
Affinchè sussista il reato di diffamazione procedibile a querela entro 3 mesi! - devono sussistere tre requisiti:
- assenza dell'offeso (se è presente sussisterà il reato di ingiuria)
- offesa all'altrui reputazione
- comunicazione a più persone. Non sussiste quindi il reato di diffamazione nella lesione della reputazione comunicata ad una persona solamente, pur potendo essere ciò sufficiente per richiedere il risarcimento del danno in via civile.
1.2 La comunicazione offensiva deve essere percepita nello stesso luogo e nello stesso momento da più persone?
No: la Corte di Cassazione ha avuto modo di ribadire che il requisito della comunicazione a più persone è soddisfatto anche quando la percezione dell'offesa da parte dei terzi non avvenga in contemporanea alla trasmissione della comunicazione, né in modo simultaneo tra di loro, ben potendo costoro trovarsi a grande distanza tra essi e persino dall'agente ( C., Sez. V, 21.12.2010; conforme, C., Sez. V, 17.11.2000).
Se la comunicazione diffamatoria è quindi fatta separatamente a più persone anche in momenti temporali diversi, il reato si perfeziona con la seconda comunicazione (e le ulteriori comunicazioni rilevano solo ai fini della gravità del reato per il maggior danno che ne deriva). Non sussiste tuttavia il requisito della "comunicazione a più persone" nel caso in cui la diffusione della comunicazione offensiva sia dovuta all'esclusiva iniziativa del destinatario, (v. ad es., C., Sez. V, 23.1.2009).
Di più: nella diffamazione commessa mediante scritti, sussiste il requisito della comunicazione con più persone, necessario per integrare il reato, anche nell'ipotesi in cui le espressioni offensive siano comunicate ad una sola persona, ma in realtà destinate ad essere riferite almeno ad un'altra persona che ne abbia poi effettiva conoscenza ( C., Sez. V, 7.12.2012, n. 8011): si pensi ad esempio alla diffamazione mediante telegramma (dovendo considerarsi quali «più persone» l'impiegato del telegrafo ed il destinatario come specifica C., Sez. V, 13.4.2007), o nel caso di una comunicazione inoltrata a mezzo di telefax poiché, come specificato da C., Sez. V, 24.4.2003, le caratteristiche e la natura di questo mezzo lo rendono idoneo a "provocare" la diffusione del contenuto di una determinata comunicazione ad un numero indeterminato di persone.
1.3 E se lo scritto diffamatorio è diretto ad una autorità pubblica?
Particolare interesse suscita la questione circa la sussistenza del requisito della comunicazione a più persone nel caso in cui le espressioni lesive dell'altrui reputazione siano inviate in una lettera indirizzata ad una pubblica autorità. A tal proposito, C., Sez. I, 30.5.2007, ha evidenziato come tale requisito sussista qualora lo scritto offensivo sia stato inviato alla pubblica autorità in una busta non chiusa e, quindi, con una forma priva di riservatezza. Non costituisce, al contrario, diffamazione la comunicazione diretta in busta chiusa al superiore di un determinato ufficio, poiché, in tal caso, lo scrivente non vuole che vengano a conoscenza del contenuto della missiva altri soggetti ( C., Sez. V, 11.6.1999).
1.4 .. e via Internet e email?
Con riguardo alla diffamazione a mezzo Internet la sussistenza della comunicazione a più persone si presume nel momento stesso in cui il messaggio offensivo viene inserito su un sito Internet che, per sua natura, è destinato ad essere visitato da un numero indeterminato di persone in breve tempo.
Da ciò ne deriva che il principio tale per cui la diffusione di una notizia immessa nei c.d. mezzi di comunicazione di massa si presume fino a prova contraria, non viene meno in relazione alle comunicazioni via Web ( C., Sez. V, 4.4.2008).
Ovviamene, in caso di più comunicazioni diffamatorie, vi sono più reati eventualmente uniti dal vincolo della continuazione (ma il temine per la querela dei tre mesi decorre autonomamente per ogni comunicazione diffamatoria: sarà quindi consigliabile fare una querela per ogni presunta diffamazione, o comunque menzionar ogni fatto nell'unica querela cumulativa).
Invece, l'invio di e-mail a contenuto diffamatorio, realizzato tramite l'utilizzo di internet, integra un'ipotesi di diffamazione aggravata e l'eventualità che fra i fruitori del messaggio vi sia anche la persona a cui si rivolgono le espressioni offensive, non consente di mutare il titolo del reato nella diversa ipotesi di ingiuria ( C., Sez. V, 16.10.2012, n. 44980).
.. e la diffamazione via Facebook?
Facebook non è un luogo immune dalla legge penale (anche se spesso gi utenti si lasciano andare a commenti che .. non farebbero mai ad un microfono davanti ad una piazza gremita di persone).
Postare un commento sulla bacheca Facebook realizza la pubblicizzazione e la diffusione tra un gruppo di persone indeterminato: se il commento è offensivo, la relativa condotta costituisce il reato di diffamazione aggravata (595 c.p.; cfr. sentenza Cassazione penale n. 24431/15).
1.5 Bisogna scrivere nome e cognome del soggetto offeso?
La persona diffamata non deve necessariamente indicata nominativamente, deve essere tuttavia individuabile agevolmente e con certezza; è sufficiente che l'offeso possa essere individuato per esclusione in via deduttiva, tra una data categoria di persone, essendo irrilevante che in concreto l'offeso venga individuato da un ristretto gruppo di persone.
Non è però consentito fare ricorso ad intuizioni o soggettive congetture di persone che ritengano di potere essere destinatari della offesa, dato che è richiesto un criterio ragionevolmente oggettivo per lindividuazione dell'offeso.
1.6 Ogni attacco alla altrui sfera morale è diffamazione?
No, dato che bisogna considerare che la nostra Costituzione riconosce, quali insiti del diritto di libera manifestazione del pensiero (art. 21 Costituzione), il diritto di cronaca e di critica.
In breve: il diritto di cronaca si concretizza nella narrazione di fatti (con i requisiti di veridicità, correttezza espressiva, rilevanza sociale della notizia), mentre il diritto di critica consiste in un giudizio o di un'opinione che, dunque, non può in nessun modo essere rigorosamente obiettiva, essendo fondata su un'interpretazione di fatti e comportamenti.
Tra i limiti del diritto di critica non vi sarà, dunque, la veridicità, bensì solo ed unicamente la rilevanza sociale, nonché la correttezza espressiva.
Non ogni espressione "forte" e "pungente" è idonea a configurare penale responsabilità, essendo richiesta ai fini della configurabilità del delitto di diffamazione un'obiettiva capacità offensiva della comunicazione a prescindere dalla sensibilità del soggetto passivo ( C., Sez. V, 16.2.2011).
Possono integrare il delitto di diffamazione anche offese indirette, o subdole allusioni, espressioni insinuanti e formulazioni allusive, suscitando il dubbio sulla condotta dell'infamato: è da considerarsi diffamatorio l'addebito che sia espresso in forma tale da suscitare il semplice dubbio sulla condotta disonorevole (C. 19.10.1979, laddove si legge che per intendere l'ingiustizia dell'offesa è necessaria una valutazione sintetica, oltre che analitica, dello scritto).
Possono rivelarsi offensive anche le espressioni, apparentemente non diffamatorie, le quali abbiano in realtà un contenuto allusivo, percepibile dal lettore medio, che le rende tali ( C., Sez. V, 15.7.2008; C. civ., Sez. III, 13.1.2009, in cui si sanzionava colui che, riferendo in merito alle - reali - parentele siciliane di un soggetto, lo aveva fatto in maniera tale da indurre chi leggeva a ritenere che il soggetto stesso fosse inserito in un'organizzazione mafiosa).
Non commette però mai il reato di diffamazione colui che rappresenta con espressioni congrue la verità dei fatti ( C., Sez. V, 13.1.2010).
1.7 E se è uno scherzo? E la satira?
Lintento della diffamazione consiste nella volontà cosciente e libera di propagare notizie e commenti con la consapevolezza della loro attitudine a ledere altrui reputazione; lo scopo o il motivo di scherzo che si manifesta in modo suscettivo di ledere la reputazione altrui non impedisce l'integrazione del reato sul piano psichico equindi l'attribuzione in un manifesto ad un personaggio pubblico di espressioni volgari e di pesante ironia assume comunque carattere diffamatorio ( C., Sez. V, 25.2.1991), fatto salvo il diritto di satira, che costituisce una modalità corrosiva e spesso impietosa del diritto di critica e può realizzarsi anche mediante l'immagine artistica come accade per la vignetta o per la caricatura, consistenti nella consapevole ed accentuata alterazione dei tratti somatici, morali e comportamentali delle persone ritratte [...] esprime mediante il paradosso e la metafora surreale un giudizio ironico su un fatto ma rimane assoggettata al limite della continenza e della funzionalità delle espressioni o delle immagini rispetto allo scopo di denuncia sociale o politica perseguito (C. civ., Sez. III, 8.2.2012).
2. La calunnia
Chiunque, con denunzia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all'autorità giudiziaria o ad un'altra autorità che a quella abbia obbligo di riferirne o alla Corte penale internazionale, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione da due a sei anni.
La pena è aumentata se s'incolpa taluno di un reato pel quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o un'altra pena più grave.
La reclusione è da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna alla reclusione superiore a cinque anni; è da sei a venti anni, se dal fatto deriva una condanna all'ergastolo; e si applica la pena dell'ergastolo, se dal fatto deriva una condanna alla pena di morte.
(art. 368 Codice penale)
La calunnia consiste quindi nell'incolpare falsamente taluno, che si sa con certezza essere innocente, di un reato avanti lautorità giudiziaria (o ad altra che a questa abbia obbligo di riferire: es. forse dellordine, pubblici ufficiali, ..).
Affinchè sussista il reato di calunnia procedibile dufficio, cioè sena necessità di istanza formale di punizione e anche oltre il termine di 3 mesi ! - devono sussistere tre requisiti:
- incolpazione falsa
- certezza dellinnocenza
- dichiarazione formale avanti allautorità giudiziaria o di polizia.
Non basta quindi offendere lonore o la reputazione di qualcuno, ma è necessario che il calunniato venga falsamente incolpato davanti allautorità di polizia di un fatto che corrisponda in ogni suo estremo ad una ben determinata fattispecie legale di reato (furto, truffa, ..).
Come detto, affinchè ci sia reato è necessario vi sia la incolpazione nei confronti di un soggetto che il calunniatore sa innocente.
Ecco perché assoluzione non significa automaticamente essere stati calunniati: bisognerà dimostrare che chi ha presentato la querela o denuncia era certo dellinnocenza dellincolpato (prova tuttaltro che agevole).
3. Il risarcimento del danno
Evidentemente, come qualsiasi altro reato, anche la diffamazione (reato conto la persona) e la calunnia (reato contro l'amministrazione della giustizia) possono obbligare il condannato a risarcire il danno subito dal danneggiato .
S rimanda, per l'approfondimento, all'articolo sul risarcimento del danno: qui basti ricordar che è configurabile sia un danno patrimoniale (es. se si è stati licenziati a causa della falsa accusa o della maledicenza, o per quel che si è speso per perseguire il rato, ..) che non patrimoniale (tipicamente il cd. danno morale, cioè del danno che il soggetto patisce a seguito della violazione di un valore della personalità umana, e deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge, qui l'art.2059 c.c.).
Sull'entità dei danni, spesso sottovalutati in sede giudiziaria, sia consentito rimandare alla celebre aria di Don Basilio "La calunnia è un venticello" ne "Il barbiere di Siviglia":
La calunnia è un venticello,
un'auretta assai gentile
che insensibile, sottile,
leggermente, dolcemente
incomincia a sussurrar.
Piano piano, terra terra,
sottovoce, sibilando,
va scorrendo, va ronzando;
nelle orecchie della gente
s'introduce destramente
e le teste ed i cervelli
fa stordire e fa gonfiar.
Dalla bocca fuori uscendo
lo schiamazzo va crescendo
prende forza a poco a poco,
vola già di loco in loco;
sembra il tuono, la tempesta
che nel sen della foresta
va fischiando, brontolando
e ti fa d'orror gelar.
Alla fin trabocca e scoppia,
si propaga, si raddoppia
e produce un'esplosione
come un colpo di cannone,
un tremuoto, un temporale,
un tumulto generale,
che fa l'aria rimbombar.
E il meschino calunniato,
avvilito, calpestato,
sotto il pubblico flagello
per gran sorte ha crepar.
4. Ci si può difendere calunniando?
L'imputato, nel corso del procedimento penale instaurato a suo carico, può negare, anche mentendo, nell'esercizio del suo "ius defendendi", costituzionalmente garantito (art. 24 della Cost.), la corrispondenza al vero di testimonianze o del contenuto di denunzie a lui sfavorevoli.
Deve sussistere, però un rigoroso rapporto funzionale tra tale condotta dell'imputato e la confutazione dell'imputazione a suo carico, nel senso che l'imputato deve limitarsi ad affermare l'insussistenza (rectius la falsità e, quindi, l'infondatezza) dell'accusa a suo carico, senza travalicare tale confine con iniziative, non necessarie, dirette a coinvolgere i sui accusatori, di cui conosce l'innocenza, in una incolpazione specifica, circostanziata e determinata, che si pone al di fuori dell'economia difensiva, perché nessuna attinenza ha con l'oggetto dell'imputazione a suo carico (cfr, approfondimento su diritto di difesa e calunnia).